di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Di nuovo l’Istat, con il suo report sulla “Dinamica demografica durante la pandemia Covid-19-anno 2020”, diffuso oggi, ci ha messo di fronte ai dati impietosi sulla situazione demografica del nostro Paese. Prima della pandemia, come noto, l’Italia aveva un tasso di natalità fra i più bassi al mondo, ma poteva vantare un’alta aspettativa di vita alla nascita. Risultato della situazione, una popolazione in costante invecchiamento, con l’età media crescente, ma numericamente stabile. Ora, invece, a causa del Covid, le cose sono cambiate. I dati relativi all’anno appena passato testimoniano un calo significativo dei residenti nella Penisola: al 31 dicembre del 2020 la popolazione è risultata inferiore di circa 384mila unità rispetto all’anno precedente. Il paragone fatto è stato quello con la città di Firenze, come se fosse improvvisamente scomparsa dalla cartina geografica. Questo calo della popolazione è stato determinato da vari fattori. In primo luogo la maggiore mortalità determinata dal virus, circa 746mila i decessi avvenuti nel 2020, mai così tanti dal secondo dopoguerra, in crescita del 17,6% rispetto al 2019. Oltre a questo, anche un numero di nascite mai così basso, 404mila in tutto, 16mila in meno rispetto all’anno precedente, che già aveva segnato un record negativo, con una variazione percentuale del -3,8%. Un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. Anche i matrimoni sono stati molti meno del solito, praticamente dimezzati. Stesso effetto anche sulle migrazioni, congelate da virus, lockdown e limitazioni agli spostamenti, sia quelle interne, che quelle degli italiani verso l’estero e degli stranieri verso il nostro Paese. A determinare l’aumento dei decessi è stata certamente la componente strettamente sanitaria, così come hanno avuto effetti rilevanti, ad esempio sugli spostamenti, le disposizioni anti contagio. Ad influire sul crollo delle nascite è stata, però, essenzialmente la controparte economica e sociale della pandemia. La situazione di incertezza lavorativa, le conseguenze economiche della chiusura delle attività, la scarsezza e la lentezza di ristori e cig hanno fatto sì che moltissime persone decidessero di rimandare a tempi migliori il progetto di allargare la famiglia. La fotografia è quella di un’Italia che nel 2020 non solo è stata afflitta dal virus, ma anche spaventata a causa di una gestione non sufficientemente convincente sia dal punto di vista sanitario che economico-sociale della pandemia. Speriamo che nell’anno in corso le cose finalmente riescano a cambiare, per non dover di nuovo parlare, a inizio 2022, dell’ennesimo “minimo storico”.