I tempi sembrano essere maturi per una tassazione digitale internazionale. Google ha firmato con alcuni editori italiani accordi per il nuovo programma di licenze che offre la possibilità ai lettori di accedere a contenuti giornalistici su Google News e Discover

È forse, finalmente, arrivata l’ora per una sana Web Tax. Perché è così importante? Lo ha spiegato oggi Confcommercio, in occasione del lancio della sua campagna “Il futuro non (si) chiude”: un’efficace web tax avrebbe la capacità di ripristinare parità di regole nel mercato. Le occasioni sono almeno due: la presidenza italiana del G20 e la recente iniziativa del Parlamento UE, che sta intensificando il pressing su Commissione UE e Stati membri per rendere più concreta una Web Tax. Oggi il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella sua informativa al Senato in vista del Consiglio europeo di domani, ha rilanciato: «Riteniamo che il Consiglio europeo debba procedere verso una soluzione globale e consensuale sulla tassazione digitale internazionale entro metà 2021 nell’ambito dell’Ocse. Credo sia un apporto possibile grazie alla collaborazione con la nuova Amministrazione Usa». Sì, perché proprio durante la presidenza Trump, bandito poi dai social media alla fine del suo turbolento mandato, la tassazione globale delle imprese digitali è stato uno dei nodi più spinosi tra Bruxelles e Washington. Ma «adesso si vede una certa quale apertura, disponibilità, dalla Amministrazione di un Paese che in passato aveva dimostrato completa chiusura sulla possibilità di avere una tassa digitale», ha detto Draghi. È un segnale la presenza in videoconferenza domani del presidente Joe Biden al Consiglio Europeo, quanto meno nel senso che esiste «la reciproca volontà di imprimere nuovo slancio alle relazioni fra l’UE e gli Usa». La strada è irta di ostacoli, ma ormai c’è un precedente: l’Australia è riuscita a costringere Facebook e Google a pagare le royalties sull’utilizzo sistematico dei contenuti prodotti dai media del Paese. C’è di più: ieri la Commissione per gli Affari economici del Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione, dalla quale non si potrà tornare indietro e che non potrà essere ignorata né da Bruxelles né dall’Ocse né dagli Usa. Con 48 voti a favore, 4 contrari e 6 astenuti, è stato approvato il “Piano per un sistema di tassazione nell’età digitale”. Con le seguenti priorità: revisione delle norme fiscali internazionali, definizione di un’aliquota fiscale minima effettiva per le società, sistema di reinvestimento dei diritti di tassazione. Soprattutto indica all’Europa di agire «da sola se i negoziati globali dovessero fallire» ovvero se entro luglio di quest’anno dai Paesi Ocse non sarà raggiunto l’accordo a cui faceva riferimento Draghi all’inizio. La risoluzione del Parlamento UE arriverà al voto in assemblea plenaria entro fine aprile, mentre nel frattempo dovrebbe arrivare anche un’iniziativa a cui sta lavorando la Commissione UE per introdurre entro il 2023 una propria tassa sulla digital economy. Insomma, i tempi, con o senza accordo globale, sembrano essere maturi.