di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

L’esempio britannico della gestione della pandemia da Covid-19, fra qualche tempo, quando sarà finalmente passata l’emergenza, avremo metabolizzato i drammatici eventi di questo periodo e potremo guardare con maggiore distacco ai fatti, diventerà un caso di scuola. Criticato e a volte anche sbeffeggiato dalla politica e dai media internazionali, Boris Johnson ha sin da subito affrontato il virus in modo singolare. Riscoprendo quel carattere “militaresco” dei britannici che ha senz’altro contribuito a far emergere l’isola come potenza mondiale. Piuttosto che indorare la pillola ai suoi concittadini, che probabilmente neanche avrebbero apprezzato un atteggiamento eccessivamente tranquillizzante, mentre altrove si minimizzava e qualcuno invitava ad “abbracciare un cinese” al motto di “andrà tutto bene”, Johnson – era il 13 marzo del 2020, esattamente un anno fa, quando le cifre su contagi e vittime erano ben diverse – avvertiva gli inglesi che a causa del Covid molte famiglie avrebbero perso i propri cari. Non per mancanza di sensibilità come un po’ superficialmente aveva pensato qualcuno, ma per semplice realismo e soprattutto come sprone a comprendere la portata della crisi sanitaria per dare, insieme, il massimo al fine di vincere la battaglia contro il virus. Un po’ come il Churchill primo ministro durante la seconda guerra mondiale, con il celebre discorso delle “lacrime e sangue”. Poi, forte anche della Brexit, quindi non solo della propria solidità, ma anche dell’indipendenza politica ed economica, abbiamo visto l’Inghilterra affrontare con piglio diverso chiusure e ristori. Ed ora i britannici vanno avanti con il loro vaccino AstraZeneca, nonostante il blocco precauzionale imposto nei Paesi Ue, mettendo nero su bianco, con estrema trasparenza, i dati su vaccini effettuati ed eventuali reazioni avverse. Al di là dei controlli sul vaccino, indispensabili onde garantire sicurezza ed efficacia, anche sulla questione AstraZeneca si nota, oltremanica, un approccio più maturo e consapevole e anche maggiormente improntato ai valori della coesione nazionale: il preparato è stato realizzato ed approvato perché sicuro, le reazioni avverse sono comunque possibili, occorre che la scienza proceda affinché siano ridotte al minimo, per frequenza e gravità, ma l’interesse generale dello Stato e la salvaguardia della salute pubblica rendono comunque necessario procedere con il programma vaccinale. Un atteggiamento ammirevole. Non solo: ammirevole anche il cronoprogramma dettagliato su chiusure e riaperture delle attività produttive e sociali, articolato in quattro fasi con la data finale del 21 giugno dopo la quale la Gran Bretagna tornerà alla normalità, con la fine delle restrizioni. Un dialogo alla pari – a volte duro, ma franco – con la cittadinanza, capace di infondere fiducia. Dovremmo tutti imparare qualcosa, a livello comunicativo e non solo, dalla “lezione inglese”.