Le lavoratrici, rispondendo al questionario dell’Ugl con L’Osservatorio nazionale antimolestie, hanno voluto fare emergere il disagio, le insidie celate in questa modalità di approccio al lavoro emergenziale

Prima del periodo Covid la contrattazione aziendale ha garantito il coinvolgimento delle imprese, anche grazie agli incentivi fiscali di cui poter beneficiare, nell’implementazione di misure di welfare aziendale, attraverso di flessibilità oraria e supporto alla genitorialità per il miglioramento della qualità di vita dei lavoratori e delle loro famiglie. Un cantiere aperto con un potenziale di espansione importante che percorre la strada tracciata dal principio della partecipazione dei lavoratori all’organizzazione dell’impresa attraverso la consapevolezza diffusa che benessere lavorativo è strettamente correlato alla produttività. Lo sostengono le donne intervistate, evidenziando che l’adozione di misure di flessibilità nell’organizzazione del lavoro favorisce benessere familiare, positivi vantaggi di salute, ovvero meno stress percepito e maggiore produttività dovuta a condizioni di lavoro favorevoli. Il sistema comunque non risulta ancora funzionale. Le aree più mature del Welfare Aziendale ad oggi sono: sicurezza, prevenzione, conciliazione, sostegno ai genitori, mentre sono ancora indietro i servizi di assistenza, inclusione sociale, servizi di cura, sostegno all’istruzione figli/familiari, welfare di comunità, quegli aspetti che permetterebbero una sussidiarietà vera, insieme alla strutturazione del lavoro, atta ad equilibrare la distribuzione dei carichi familiari, il lavoro saltuario, riducendo la penalizzazione delle donne nella carriera e con la conseguente possibilità di partecipazione e valore aggiunto al mercato del lavoro.