Il tentativo è quello di fare chiarezza, andando oltre le polemiche alimentate in maniera inopportuna e, sicuramente, controproducente. Come riconosciuto anche da diversi commentatori, peraltro di estrazione sicuramente varia, la questione dell’inquadramento dei rider non si può risolvere a colpi di sentenze. Nei fatti, neanche l’intervento della procura di Milano, nonostante la prospettiva di una multa monstre nei confronti delle piattaforme, è risolutiva; anzi, contribuisce ad alimentare nell’opinione pubblica una percezione sbagliata, quella del ciclo-fattorino comunque sfruttato, addirittura schiavizzato per utilizzare una espressione forte arrivata da Milano. In uno scenario complesso, un punto fermo rimane comunque il contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto da Assodelivery, l’associazione datoriale che riunisce larga parte delle piattaforme, e Ugl che inquadra il lavoro dei rider come autonomo, con compensi adeguati al tipo di attività svolta. Meno certezze sembrano invece arrivare dall’iniziativa più volte annunciata da Just Eat. La piattaforma ha infatti anticipato che, con l’anno nuovo, avrebbe assunto i rider in servizio con un contratto di lavoro subordinato. Al momento, a tale promessa non sembra essere seguita una particolare attività. Di certo, la proposta non appare particolarmente allettante, visto che si parla di un compenso da 7,5 euro orari per turni da 10, 20 o 30 ore settimanali.