di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Il sovranismo, se esce dalla porta, rientra prepotentemente dalla finestra. E con sovranismo non si intende di certo la versione macchiettistica descritta da certa stampa, ma l’esigenza sacrosanta di mettere un freno a un processo di globalizzazione che ha determinato squilibri profondi, inefficienze, diseguaglianze, dumping sociale, concorrenza sleale, dipendenza economica. Criticità rese ancor più evidenti dalla pandemia. Oggi il sovranismo, dato un po’ frettolosamente per spacciato dopo la vittoria di Biden alla Casa Bianca, è tornato invece più in auge che mai, inaspettatamente per alcuni, venendo tra l’altro sostenuto anche dai più insospettabili esponenti della classe dirigente di provata fede “globalista”. Una visione smaccatamente “sovranista” si sta imponendo, infatti, sulla questione attualmente prioritaria nel mondo: l’approvvigionamento dei vaccini anti Covid. I vaccini scarseggiano rispetto alla necessità di fermare, finalmente, i contagi e far ripartire economia e vita sociale. Chi li produce in casa propria se li tiene ben stretti. E chi non lo fa vorrebbe avviare una produzione nazionale. In Italia già da settimane, dati anche i ritardi e le inadempienze delle case farmaceutiche che avrebbero dovuto inviare le dosi stabilite e che invece si fanno attendere, si parla della necessità di produrre un vaccino “italiano”. Lo ha chiesto per prima la Lega, sia a livello locale che nazionale, con il neoministro Giorgetti impegnato in un serrato confronto con le aziende farmaceutiche nostrane: «Il governo italiano ha ribadito la massima disponibilità in termini normativi e di mezzi finanziari all’industria farmaceutica italiana per predisporre ogni strumento al fine di produrre un vaccino contro il Covid». Intorno all’idea di una produzione nazionale del vaccino – che fra l’altro sarebbe utile non solo ai fini primari del contenimento della pandemia e della sicurezza sanitaria, ma anche per dare un impulso importante all’economia e all’occupazione – c’è comunque un consenso ampio e trasversale. Sulla stessa linea, ad esempio, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «L’Italia avrà un vaccino, la sperimentazione sta andando molto bene e aiuterà l’Italia a voltare pagina e a riaccendere il suo sistema economico». Ieri, poi, il nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, al suo primo Consiglio europeo in veste di premier del governo italiano, è stato piuttosto chiaro sulla questione, criticando il piano vaccini della presidente Von Der Leyen e chiedendo, anche piuttosto duramente, da un lato di sanzionare le case farmaceutiche inadempienti nei confronti della Ue, dall’altro di iniziare ad ipotizzare un blocco delle esportazioni di vaccini – “prima gli europei” – rimandando le donazioni ai Paesi extra Ue a quando qui da noi si sarà raggiunta una sufficiente copertura. Vaccino sovrano.