Draghi al Consiglio UE: un nuovo corso per gestire la pandemia. Mettere alle strette le big pharma, aumentare le vaccinazioni, più coordinamento e trasparenza a livello europeo. Primi passi al Mise per la “produzione in casa”

Il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, nel corso del Consiglio europeo dedicato al contrasto alla pandemia non ha riservato critiche alla Commissione UE. L’illustrazione delle diapositive sulle consegne dei vaccini nel secondo e terzo trimestre dell’anno da parte della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha dato al premier italiano l’occasione per dire apertamente ciò che non va: «Non sono rassicuranti, perché non danno certezze». Da qui, una disamina anche su ciò che andrebbe fatto. Prima di tutto, per Draghi l’UE deve cambiare approccio con le case farmaceutiche che i contratti nella fornitura delle dosi, fino a ipotizzare sanzioni sia attraverso un blocco delle loro produzioni europee, un divieto di export al di fuori della Ue e non solo nel periodo in cui non rispettano gli accordi, sia cambiando i contratti in essere nonché i futuri. Ha chiesto a tutti i leader UE di accelerare le rispettive campagne vaccinali, più tempo passa più ci si espone alla diffusione delle varianti attuali e future. Ha dato suggerimenti concreti, ispirati a modelli che hanno funzionato come quelli del Regno Unito e degli Usa. Ha proposto di dare priorità alle prime dosi di vaccino al fine di espandere più rapidamente la copertura vaccinale della popolazione, basandosi non su proprie opinioni ma sulla recente letteratura scientifica. Ha sollecitato un approccio comune sui test e un coordinamento per l’autorizzazione all’export, oltre ad una maggiore trasparenza e condivisione dei dati. Ha detto anche di condividere l’obiettivo di arrivare alla produzione di un vaccino europeo, ma, poiché ci vorranno mesi per ottenere risultati significativi, ha sollecitato a esplorare opzioni per acquistare altri vaccini al di fuori dell’Unione Europea. Ha invitato alla cautela prima di lanciare progetti troppo ambiziosi di donazioni e distribuzione dei vaccini a paesi terzi. Non per egoismo, ma per realismo: l’Europa è ancora troppo indietro con le campagne nazionali. Nel frattempo in Italia, è stato fatto il primo passo ufficiale al Mise per verificare la possibilità di produrre vaccini anti-Covid in Italia. Dall’incontro tra il ministro Giorgetti, Farmindustria, Aifa e il commissario Arcuri è emersa l’esistenza di alcuni siti adatti alla riconversione per la produzione di vaccini. Ma servono più bioreattori. Il governo è al lavoro per verificare la possibilità sia dell’uso di quelli esistenti sia di una produzione ex novo con l’intenzione di stanziare risorse e organizzare siti. Possibili sono in Veneto, Lazio e Puglia. I tempi però non sono brevi: vanno dai 4 ai 12 mesi e, per il know how, 6 mesi.