I contatti stretti rintracciati sono circa il doppio rispetto al tracciamento tradizionale

Le applicazioni per il tracciamento dei contatti aiutano a contenere la diffusione dei contagi. A sostenerlo sono diversi studi, realizzati in diversi Paesi. Al netto dei timori legati alla privacy, dunque, queste app –  anche in Italia ne abbiamo una e si chiama Immuni – possono essere uno strumento utile per impedire al virus di diffondersi, mettendo a rischio la salute delle persone e la tenuta dei sistemi sanitari nazionali. Stando ad un’analisi condotta dall’Università di Oxford, ancora non pubblicata, ma che è possibile consultare sul sito dell’Alan Turing Institute, l’applicazione utilizzata nel Regno Unito e supportata dal National Health Service ha inviato mediamente 4,4 notifiche per ogni persona risultata positiva al coronavirus, pari a circa il doppio rispetto al tracciamento manuale, che si ferma ad una media di 1,8 notifiche. Secondo lo studio, ogni aumento dell’1% degli utenti dell’applicazione abbassa il numero di infezioni dello 0,8-2,3%. A conclusioni analoghe è arrivato anche uno studio preliminare su Radar Covid, l’applicazione utilizzata in Spagna, condotto nelle isole Canarie. Anche in questo caso, l’app ha notificato circa il doppio del numero di persone esposte a infezioni rispetto al tracciamento manuale dei contatti. E Immuni come sta andando? L’applicazione italiana non sembra essere mai decollata: al 22 febbraio, l’app è stata scaricata oltre 10,3 milioni di volte mentre sono stati 12mila gli utenti risultati positivi al coronavirus che hanno caricato i codici e circa 89mila sono state le notifiche.