Maggiori costi si prospettano anche per lo Stato in termini di Naspi

I leader sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, pur se con toni diversi, hanno comunque fatto presente al presidente del consiglio dei ministri, Mario Draghi, e al suo ministro del lavoro, Andrea Orlando, che esiste una questione licenziamenti da affrontare per tempo. Come noto, fin dal Cura Italia, l’allora governo Conte-2 introdusse una sorta di scambio: blocco dei licenziamenti in cambio di ammortizzatori sociali. Tale regola, però, col passare dei mesi si è un poco allentata, tanto che, già con il decreto Agosto, le maglie del divieto di licenziamento si sono allargate. Ora, la nuova scadenza è stata fissata al 31 marzo; dopo quella data, se non interverrà un successivo provvedimento del governo, le aziende saranno libere di licenziare, nel rispetto, naturalmente, della normativa vigente che, comunque, pone dei paletti, quanto meno procedurali, principalmente alle grandi e medie imprese. Difficile quantificare quale potrà essere l’impatto di questo via libera, anche se si parla di impatto importate. Il Mattino stima addirittura un milione di posti di lavoro a rischio nel solo Mezzogiorno. La certezza è che i numeri potranno essere sicuramente importanti, anche se, è bene ricordare, il licenziamento non è a costo zero per le imprese, che dovranno comunque quanto meno erogare il trattamento di fine rapporto, né per lo Stato che dovrà mettere in conto la maggiore spesa per la Naspi.