L’aspettativa di vita è crollata fino a cinque anni in alcune aree del Paese

Nel suo intervento in Parlamento, Mario Draghi traccia quello che è il programma del suo esecutivo, partendo da alcuni numeri. Oltre a quelli in costante aggiornamento sui morti (ora siamo a 93mila), sui contagiati (oltre 2,7 milioni), sui ricoveri in terapia intensiva (oltre duemila attualmente) e sul personale sanitario deceduti e contagiato, colpiscono alcuni riferimenti. Il primo, in particolare, al calo della aspettativa di vita, fino a 4-5 anni nelle aree di maggior contagio e, comunque, di circa due anni in tutta Italia; l’altro sull’aggravamento della povertà, soprattutto fra le donne e i giovani. Da questi numeri, derivano, per Draghi, le priorità del governo, la prima delle quali il piano di vaccinazioni, con un cambio di paradigma rispetto a quanto previsto dal supercommissario Domenico Arcuri su mandato evidentemente del precedente esecutivo. Non si parla più luoghi specifici – quelle che nell’idea del numero uno di InvItalia si sarebbero caratterizzate per la primula -, ma di rendere disponibili i vaccini in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, così come è accaduto da un certo momento in poi con i tamponi. L’esperienza di questi mesi – e qui si evidenzia una priorità nella priorità – rende necessaria la riforma della sanità nazionale, puntando sul territorio e su di una forte rete di servizi di base, (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria), al fine di rendere «realmente esigibili i livelli essenziali di assistenza».