Fisco, pubblica amministrazione e giustizia, in cima all’agenda di Draghi

L’idea di fondo di Draghi sulle riforme è che esso vanno fatte per intero e non a pezzi, così da salvaguardarne lo spirito unitario ed evitare quanto spesso accaduto, vale a dire di interventi disarticolati e contraddittori. Per Draghi, ad esempio, «non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta». E rafforza il suo concetto, ricordando cosa fece la Danimarca nel 2008: una commissione di esperti, dopo aver ascoltato partiti e parti sociali, presentò la propria relazione complessiva che portò ad una riduzione della aliquota marginale e all’innalzamento della soglia di esenzione. Una seconda riforma non più rinviabile è quella della pubblica amministrazione, con, fra l’altro, investimenti in connettività, nelle piattaforme, nell’aggiornamento continuo delle competenze del personale, nella accelerazione delle assunzioni. Ed ancora, un intervento di efficientamento sul versante della giustizia, a partire da quella civile. Il filo conduttore delle riforme della pubblica amministrazione e della giustizia è quello, ancora una volta, del doppio binario, con l’urgenza di smaltire l’enorme mole di arretrato, peraltro cresciuto nei mesi di pandemia, e di porre le basi per una maggiore efficienza futura. Non si accenna, almeno in questa prima fase, ad interventi sul versante delle pensioni. Un percorso che si conclude, nell’idea di Draghi, con un rafforzamento dello spirito europeo anche sul versante delle migrazioni e del diritto di asilo, con un riequilibrio delle responsabilità degli Stati.