Draghi, fiducia incassata. Ora viene la «prova dei fatti». Il M5s più rischia di trasformarsi in una (piccola) galassia. Mentre il centro destra in Senato con Lega e Forza Italia è diventato maggioranza. Morgan Stanley: «Acquistare azioni italiane»

Incassata la fiducia anche alla Camera con 535 sì (56 i no e 5 gli astenuti), per il presidente del Consiglio Mario Draghi oggi c’è il debutto al G7 insieme al presidente Usa Joe Biden. Subito dopo per il nostro premier inizierà la «prova dei fatti», alla quale lo attendono non soltanto Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana (rappresentata dalla scissione dell’atomo di Nicola Fratoianni), i partiti contrari oltre al drappello di dissidenti pentastellati, ma soprattutto quelli che lo hanno appoggiato e gli italiani stremati dalla pandemia. La vera incognita resta il M5s, in via di trasformazione ma non si sa esattamente in cosa: da una parte, Grillo, si parla di espulsione dei 16 dissidenti – per la precisione si tratta dei 16 che hanno votato “no”, ma ci sono anche 4 astenuti e 14 assenti – dall’altra, Casaleggio, non si accenna ad espulsioni. Per il senatore Nicola Morra, uno dei dissidenti, il destino sarà solo quello di uscire dal gruppo parlamentare, non dal Movimento. Una grande confusione che potrebbe rappresentare un problema per il Pd, più che per Draghi, in dissidio tra l’idea del segretario Nicola Zingaretti di rinsaldare l’alleanza con M5s e Leu, con l’intergruppo parlamentare, e quella esattamente contraria di una parte dello stesso Pd.  Situazione piuttosto intricata, della quale si avvantaggia intanto il centro destra che con Lega e Forza Italia si aggiudica la maggioranza in Senato, proprio grazie ai dissidenti. Il premier infatti non appare turbato da tutto ciò. È semmai più impegnato a confrontarsi con i problemi urgenti: pandemia e campagna vaccinale, che sarebbe in animo di modificare sul modello inglese. Proprio oggi, al G7, Draghi si incontrerà in un “bilaterale” con il premier britannico Boris Johnson. Secondo impegno per Draghi sarà riaprire il dossier Ristori con il quinto decreto, già finanziato dall’ultimo scostamento di bilancio di 32 miliardi approvato il 20 gennaio. Mario Draghi ha incassato inoltre la fiducia di 6 italiani su 10 secondo il sondaggio “Quorum/Youtrend” e, già dopo quella ricevuta dal Senato, del gotha delle banche. Gli analisti di Morgan Stanley hanno scritto nero su bianco: «L’autorità, la stabilità e la competenza del governo del primo ministro Draghi sono un grande punto di forza, che aumenta la nostra convinzione che l’Italia userà i Recovery funds in modo efficace». Con tanto di inviato ai propri clienti sul mercato statunitense di «acquistare azioni italiane, specialmente delle banche, e bond». Non ci siamo abituati e quell’invito potrebbe suonare sinistro. Ma in vista di un nostro ulteriore indebitamento va interpretato come un ottimo segnale.