Lo rende noto l’Eurostat, sottolineando che si tratta di un dato leggermente inferiore alla media europea

Quattrocentonovantanove chili. A tanto ammontano i rifiuti urbani, che rappresentano il 10% dei rifiuti complessivi, prodotti all’anno da ogni italiano, secondo quanto riferito dall’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea. Quello italiano è un dato relativo al 2019 e leggermente inferiore alla media europea che si attesta a 502 chilogrammi, in leggero aumento rispetto ai 495 chili registrati nel 2018. Nel 2008, comunque, i chilogrammi pro-capite erano 518. Facendo un confronto con il resto dei Paesi europei, emergono cose interessanti: i danesi producono più rifiuti di tutti – in Danimarca, la produzione annua pro-capite raggiunge gli 844 chili –, seguiti dai lussemburghesi e dai maltesi, rispettivamente secondi e terzi con 791 e 694 chili ciascuno. Romania (280), Polonia (336), Estonia (369) e Ungheria (387) sono gli Stati in cui si producono meno rifiuti urbani pro-capite. Lo studio Eurostat considera anche alcuni Paesi europei che non fanno parte dell’unione. Scopriamo così che in Norvegia si producono ogni anno 776 chili, in Svizzera e Islanda 709 e 656, mentre nel Regno Unito si scende a 463 chili di rifiuti urbani pro-capite. Nel riferire queste statistiche, l’Eurostat osserva un’evidente tendenza degli Stati membri a ricorrere a metodi alternativi di smaltimento dei rifiuti rispetto alla discarica: dal 1995 al 2019 le tonnellate di rifiuti smaltiti in discarica sono passati da 121 a 54, pari al 56% in meno. Un appunto finale: una grossa porzione dei rifiuti urbani viene riciclata. Secondo l’ISPRA, l’Istituto superiore per la Produzione e la Ricerca ambientale, in Italia, il 51% dei rifiuti urbani viene riciclato o sottoposto a compostaggio. Dobbiamo fare qualcosina in più, però: entro il 2025 si dovrà arrivare al riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani. A questo obiettivo, ne va aggiunto un secondo stabilito dal Parlamento europeo: entro il 2035, soltanto il 10% dei rifiuti urbani potrà essere smaltito nelle discariche contro l’attuale 25%.