Fisco, Confindustria: «Il sistema è un disincentivo al lavoro e alla produttività». Oggi audite le imprese, settimana prossima i sindacati. Ripresa e resilienza non possono prescindere da una rivisitazione del regime di tassazione

In attesa che si evolva il quadro politico – ieri è arrivato l’ok degli iscritti alla piattaforma Rousseau per l’ingresso del M5s nella maggioranza che sosterrà il governo Draghi -, è già tempo di entrare nel vivo dei tanti dossier. Oggi il vicepresidente di Confindustria per il credito, la finanza e il fisco, Emanuele Orsini, è stato ascoltato dalle commissioni Finanze di Senato e Camera sulla riforma dell’Irpef. La prossima settimana toccherà ai sindacati. Prima di tutto per Confindustria «la progressività va ridisegnata», perché «questo sistema è un disincentivo al lavoro e alla produttività». Per Orsini «con l’Irpef attuale un dipendente che cerca di guadagnare un euro in più finisce col trovarsi in tasca pochi centesimi o, al limite, col peggiorare la propria situazione complessiva, perdendo bonus e detrazioni. Per un lavoratore dipendente l’aliquota marginale effettiva sopra i 28 mila euro è di oltre il 31% (quella legale è del 27%). Tra i 35 mila ed i 45 mila euro il prelievo effettivo arriva al 61% (a fronte di un’aliquota legale del 38%)». La metafora usata da Confindustria è piuttosto suggestiva: oggi l’Irpef «sembra uscita dal bisturi del Dr. Frankenstein: parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra solo dal filo ideale di tassare il reddito personale». Allo stesso tempo sono «troppe le eccezioni all’Irpef», nel senso che i regimi sostitutivi vanno valutati uno ad uno e quelli che si intendono mantenere «vanno almeno coordinati col regime normale». Nell’Irpef ci sono dipendenti e pensionati che, secondo i dati del Mef, rappresentano insieme l’87% dei contribuenti Irpef e versano circa l’81% dell’imposta totale. Altro tema, per Confindustria, è «regolarizzare l’andamento delle aliquote effettive dell’Irpef», alleggerendo la pressione sui redditi medi e eliminando i disincentivi ad aumentare il reddito, in particolare sopra i 28 mila euro. Vanno poi salvaguardate le misure fiscali che incentivano la produttività e il welfare aziendale, chiedendo la creazione di meccanismi di favore fiscale anche per i lavoratori dipendenti: quali, ad esempio, la detassazione dei premi di risultato o la normativa fiscale del cosiddetto welfare aziendale. Altra indicazione interessante, «i super bonus 110% sono un esempio giusto che andrebbe esteso, ma bisognerebbe anche contestualmente seguire l’esempio di Paesi che adattano modelli di tassazione familiare, come il quoziente familiare francese». Sottolineando che «potenzialmente questi modelli potrebbero sfavorire il secondo percettore di reddito, proponiamo quindi di integrare il nostro sistema e non di sostituirlo». In generale per Confindustria vi è la necessità di un maggior supporto del sistema fiscale alle famiglie ed ha invitato a non continuare «a complicare la vita ai sostituti d’imposta», nel senso che «non vanno posti a carico delle imprese obblighi di controllo che spetterebbero all’Amministrazione finanziaria».