di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL
 

Se c’è, ed esiste, una prova che dimostri “nero su bianco” il fallimento dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e della compagine politica, la coalizione giallorossa, che lo ha difeso ciecamente, quello è il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) o, altrimenti detto, Recovery Plan. Quest’ultimo continua a ricevere sonore bocciature, ultime delle quali dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, dalla Banca d’Italia e da Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani. Un fallimento fatto di diversi e numerosi elementi: dal ritardo nell’indicare la governance ovvero il “meccanismo” attraverso il quale gestire i 209 miliardi di euro fondi europei, all’impossibilità per il piano di produrre un significativo “effetto crescita” – obiettivo prioritario del Recovery Plan – e all’altrettanto quasi impossibile o «arduo» obiettivo di rimettere su un corretto binario i conti pubblici italiani allo scadere del piano stesso. Per utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione da Next Generation Eu e al fine di dare quella spinta propulsiva, 2 punti percentuali di pil entro il biennio 2023-2024 prefissata dal programma, il piano italiano realizzato dal Conte bis avrebbe bisogno di uno «sforzo sostanziale» sia sul fronte delle riforme da adottare sia sul fronte degli investimenti. Eppure eravamo nelle mani di un Governo convintamente europeista, che godeva di grande considerazione nella UE e che, grazie proprio a tale considerazione, era riuscito ad ottenere un aiuto mai visto prima, benché condizionato, per uscire dalla crisi economica.
Oggi l’Italia intera grazie al Governo giallorosso a guida Giuseppe Conte si ritrova di fatto commissariata o, volendo usare un termine più gentile, messa sotto tutela da uno dei migliori rappresentanti del più convinto e autentico europeismo, il presidente incaricato Mario Draghi. Stupiscono quindi i tentativi, meramente mediatici, di nascondere un fallimento, tecnico e politico, così gigantesco, scritto nero su bianco e, per giunta, di propria mano. Senza la soluzione individuata dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, il nostro Paese avrebbe rischiato di essere messo definitivamente e irreversibilmente alla berlina davanti a tutto il mondo. Oltre a perdere l’unica, seppur onerosa e rischiosa, grande occasione di porre le basi per superare decennali ritardi, diventati ormai una litania e che corrispondono a parole note anche ai bambini, coloro che sarebbero stati costretti a pagare l’eventuale fallimento del Recovery Plan.
Alla luce delle puntali, precise e imbarazzanti critiche mosse al PNRR italiano, delle decine di migliaia di morti per il coronavirus e degli errori nel gestire la pandemia, sarebbe opportuno da parte di quella compagine politica, per il bene dell’Italia, di smettere di difendere l’indifendibile e di rimboccarsi le maniche per lavorare insieme a tutti i volenterosi dotati di buon senso e di vero amore per la Patria.