di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Eppure il Presidente Mattarella è stato piuttosto esplicito. Le sue parole, accorate, nel momento dell’incarico a sorpresa a Mario Draghi hanno tracciato una linea di condotta precisa al fine di una rapida risoluzione della crisi di governo. In primis, evitare a tutti i costi lo scioglimento anticipato delle Camere, per le ragioni spiegate dettagliatamente dallo stesso Capo dello Stato, relative alla pandemia, al pericolo di una nuova impennata dei contagi a causa delle procedure elettorali, ed ai tempi stretti necessari a portare avanti il piano vaccinale e la presentazione del Recovery Plan. In secondo luogo, dar vita a un “governo del Presidente”, di alto profilo e guidato dall’ex governatore della Bce, facendo – testualmente – appello a «tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo che non debba identificarsi con alcuna formula politica». Un esecutivo di unità nazionale, guidato da un “fuoriclasse”, chiamato a raccogliere tutte le migliori energie del Paese. Nel tentativo di affrontare una delle situazioni più difficili, in termini sanitari, sociali ed economici, della storia repubblicana, forse la peggiore in assoluto. Con l’incarico di impostare un progetto a lungo termine per la ripresa, impegnando in modo lungimirante e condiviso le risorse straordinarie provenienti dall’Europa. Più chiaro di così. Ora, è abitudine nel nostro Paese ostentare un ossequio nei confronti del Presidente della Repubblica forse finanche eccessivo: si tratta comunque di un uomo politico, quindi criticabile, ovviamente nei limiti del rispetto dovuto sia alla persona che all’Istituzione che rappresenta. Spesso però, e questo caso non fa eccezione, si tratta di un ossequio più formale che sostanziale. All’appello del Presidente, al suo tentativo di formare un governo di unità nazionale è altrettanto lecito rispondere positivamente che negativamente, motivando le proprie posizioni e mantenendo, comunque, un atteggiamento propositivo, nell’interesse nazionale. Meno corretto è tentare di aggirarne i contenuti per adattarli ai propri scopi ed alle proprie convenienze, mostrando ben poca considerazione tanto dell’uomo quanto della carica. Insomma: se governo Draghi sarà, non potrà essere che, come indicato dallo stesso Capo dello Stato, aperto a tutti, con l’invito a partecipare rivolto all’intero emiciclo parlamentare. Ognuno poi, sulla base di sensibilità, idee, programmi, sarà certamente libero di accettare o meno l’invito stesso. Tutt’altra cosa è ipotizzare una “conventio ad excludendum” contro la destra, per di più con l’imprinting della Presidenza della Repubblica. Un’idea irrealizzabile, completamente avulsa rispetto al disegno del Capo dello Stato. Irrispettosa anche nei confronti dello stesso Draghi, che verrebbe derubricato a semplice nuovo frontman di centrosinistra. Costituzionalmente inaccettabile. In parole povere: troppo facile per la sinistra immaginare un governo di unità nazionale che nasca con la fiducia di tutti, ma nel quale a dettare la linea, a decidere le misure, a stabilire le cariche sia solo la sinistra.