Conte si è dimesso. Verso un “ter”? Nel frattempo l’Italia vera attende

Quello che è successo e sta succedendo tra ieri, oggi e domani non sarà chiarissimo a tutti ma lo si conosce già. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è recato oggi al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. Prima di salire al Colle, alle 09.00, l’ormai ex premier ha formalizzato il suo passo indietro al Consiglio dei ministri. La decisione è stata comunicata nella serata di ieri, attraverso una breve nota di Palazzo Chigi, arrivata dopo che nell’intera giornata si erano rincorse voci su un possibile passaggio da Mattarella e dopo che lo stesso Conte aveva ricevuto le imprese sul Recovery Plan. Saltato il confronto sullo stesso tema in calendario per oggi con le banche. Da domani, inizieranno le consultazioni, con una inedita copertura mediatica rispetto ad un protocollo seguito nelle varie crisi in più di settant’anni, come spiegato dalla Presidenza della Repubblica.
Nel frattempo c’è l’Italia che soffre: 1,2 milioni di italiani in attesa di ricevere la cassa integrazione, centinaia di migliaia di attività, negozi chiusi. Oppure aperti per la disperazione e perché non possono ricevere i ristori ma devono pagare debiti e tributi. Circa 30 mila liberi professionisti cancellati dalla pandemia. Città svuotate dalla crisi e dalla riorganizzazione degli uffici privati e dello Stato, attraverso lo smartworking, che hanno bisogno di essere completamente ripensate.
Ieri il presidente dei Confindustria, Alberto Bonomi, dopo aver incontrato un premier di lì a poco dimissionario, non ha potuto dare un giudizio nel merito sul Recovery Plan che, ha sottolineato, «non è il piano del Governo ma il piano di tutti, del sistema-Italia, quindi deve essere condiviso – cosa che in realtà, non è, ndr – e costituire le basi per ricostruire e trasformare il Paese». Tra le puntuali osservazioni, molto severe, riportiamo la prima, perché sottolinea «la mancata conformità (del piano italiano) con le linee guida indicate dalla Ue». Ovvero sarebbero assenti le stime precise degli obiettivi quantitativi che il Governo intende ottenere rispetto alle risorse impegnate. Stime che servono affinché «la Commissione possa verificarne l’attuazione, sia nell’arco della durata del Piano che negli step intermedi, scongiurando così il rischio di revoca dei fondi o, peggio ancora, la restituzione», ha ricordato Confindustria. Per redigere le tabelle si attende appunto il confronto con le parti sociali, con gli enti locali e con il Parlamento, che potrebbero comportare modifiche. Ma nel frattempo c’è la crisi di Governo e tutto è fermo. Tranne il tempo che, come detto da Bonomi molto preoccupato «sta scadendo e dobbiamo fare presto e bene».