Meno 1,9 milioni di assunzioni nel 2020. I più colpiti: Nord, donne, 15-34enni. Ad assorbire la caduta della domanda a causa della pandemia, i contratti a tempo determinato. Saldi positivi nel Mezzogiorno. Incremento delle posizioni a tempo indeterminato (+260mila)

È spaventoso il risultato del calo delle assunzioni e delle cessazioni nel 2020: le prime, pari a 4,78 milioni, sono diminuite di circa 1,9 milioni, mentre le seconde di oltre 1,5. Il risultato è emerso da un’analisi congiunta tra ministero del Lavoro e Banca d’Italia sull’instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro. L’evoluzione dei flussi è stata fortemente condizionata dalla pandemia. Nei mesi di gennaio e febbraio del 2020 la creazione di posti di lavoro era sugli stessi livelli del 2019. Con l’emergere dei primi contagi da Covid-19 alla fine di febbraio, il mercato del lavoro ha subito un rapido deterioramento e il saldo tra attivazioni e cessazioni è diventato negativo: a metà giugno era di 595.000 unità inferiore a quello registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. Tra la fine di giugno e ottobre tale divario si è ridotto sensibilmente, con la creazione di circa 285.000 posti di lavoro in più rispetto al 2019. Il recupero, si legge ancora nell’analisi, si è però interrotto in novembre, in concomitanza con il nuovo aumento dei contagi e con l’adozione delle necessarie misure restrittive. L’effetto di questa seconda ondata sul mercato del lavoro è stato molto più contenuto di quello della prima, con un saldo tra attivazioni e cessazioni più basso di circa 25.000 unità nel bimestre novembre-dicembre rispetto allo stesso periodo del 2019. La perdita occupazionale si è concentrata nelle regioni del Nord: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna. Le province autonome di Trento e Bolzano hanno registrato circa 200.000 attivazioni nette in meno rispetto all’anno precedente, contribuendo per quasi due terzi ai minori flussi rilevati a livello nazionale. Il bilancio complessivo dell’anno indica che nel Mezzogiorno molte province hanno registrato un numero di attivazioni nette cumulate lievemente superiore a quello del 2019. La flessione delle attivazioni nette è stata più accentuata per l’occupazione femminile, maggiormente diffusa nei settori con andamenti meno favorevoli, come il servizi turistici. Viceversa, dopo la fase di contrazione durante il lockdown, la componente maschile ha beneficiato della più rapida ripresa dell’industria e in particolare delle costruzioni, in cui oltre il 90% dei lavoratori sono uomini. Negli ultimi due mesi dell’anno, la nuova flessione dei servizi ha ulteriormente ampliato il divario di genere. In termini anagrafici, la fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni, che rappresenta solo un quarto dell’occupazione alle dipendenze nel settore privato non agricolo, ha contribuito per oltre la metà al calo complessivo dei posti di lavoro creati. La dinamica occupazionale dei più giovani ha risentito non solo dell’elevata incidenza di impieghi nel turismo, ma anche della maggiore diffusione dei contratti a tempo determinato che hanno assorbito la caduta della domanda di lavoro nella prima e nella seconda ondata di contagi.