Il tema del lavoro povero è reale, ma spesso è collegato alle poche ore

In attesa di capire quali saranno gli sviluppi della crisi di governo, la ministra del lavoro, Nunzia Catalfo, dopo aver anticipato ai sindacati l’intenzione di arrivare ad una riforma degli ammortizzatori sociali, prova a rilanciare l’attenzione sulla questione del salario minimo legale. Da qualche settimana, infatti, il Parlamento è impegnato nella analisi di una proposta di direttiva comunitaria in materia, argomento sul quale sono stati chiamati a interagire anche i sindacati confederali. Già prima di Natale, infatti, Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno inviato una memoria che ha anticipato la successiva audizione. La ministra Catalfo si è detta convinta della necessità di un provvedimento di legge, ma anche del ruolo della contrattazione collettiva in materia di definizione del salario minimo. L’esponente 5Stelle ha, peraltro, insistito su un punto: circa 365mila percettori del reddito di cittadinanza sono anche lavoratori dipendenti, il 75% dei quali impiegato nel settore dei servizi. La questione sollevata dalla ministra, come evidenziato più volte dalle stesse parti sociali, associazioni datoriali comprese, è però imputabile principalmente alle poche ore di lavoro retribuito, prima ancora che ai bassi livelli salariali. A conti fatti, anche la fissazione della soglia a 9 euro lordi, come indicato nella proposta formulata a suo tempo dal governo, non garantirebbe assolutamente il superamento della soglia di povertà.