di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

In questi giorni di crisi di governo stanno venendo alla luce le evidenti criticità del nostro sistema parlamentare. Difetti, che, a dire il vero, già si erano palesati nel corso degli anni e che, soprattutto, hanno caratterizzato questa lunga emergenza sanitaria ed economica, che ormai ci affligge da un anno. Le alchimie politiche farraginose e la conta all’ultimo senatore, con l’obiettivo di ottenere la fiducia per il rotto della cuffia – volando un po’ più alto, oltre le beghe dell’attuale maggioranza – mostrano che il Paese avrebbe bisogno di un sistema in grado di garantire da un lato una più efficace gestione del potere esecutivo, dall’altro una migliore rispondenza fra le istituzioni elettive e i detentori della sovranità, ossia i cittadini. Per quanto riguarda il primo problema, il ruolo dell’Esecutivo, in questi mesi il Governo e il premier Conte, messi di fronte ad una situazione di gravità inaudita, per poter affrontare in modo spedito le problematiche sanitarie, economiche e sociali determinate dalla pandemia, hanno utilizzato uno strumento, il Dpcm, che permettesse loro di bypassare le consuete lungaggini parlamentari, arrivando quasi ad aggirare la Costituzione ed esautorando di fatto il Parlamento. Giusti o meno nella sostanza i provvedimenti presi – e da queste pagine più volte li abbiamo doverosamente criticati – lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio è stato utilizzato per evitare quell’impaludamento nelle aule Parlamentari che solitamente caratterizza l’esercizio del potere Legislativo. Occorrerebbe, quindi, una migliore distinzione fra i due poteri, per snellire le procedure e consentire un più ordinato esercizio dei ruoli. Un Parlamento in grado di legiferare in tempi rapidi, un Governo capace di esercitare i propri poteri decisionali altrettanto speditamente, senza ricorrere a forzature. Per fare questo, però, sarebbe altrettanto necessario – e qui veniamo al secondo aspetto della questione, quello legato a una maggiore rispondenza fra eletti ed elettori – costruire un rapporto diretto, nel nome della sovranità popolare, fra Governo e cittadini. Permettendo di scegliere il capo dell’Esecutivo e la sua proposta politica, onde evitare anche, fra l’altro, le “macchinazioni di palazzo” alle quali stiamo assistendo in questi giorni. Come avviene in democrazie collaudate come quella francese o statunitense. Democrazie, fra l’altro, nelle quali l’elezione del capo del Governo è scollegata rispetto a quella delle Camere, anche nei tempi, consentendo così una più puntuale verifica del peso politico dei diversi partiti, senza dover attendere un’unica data di “scadenza” della legislatura. Un Esecutivo sorretto quindi da un chiaro mandato popolare e abilitato a prendere decisioni risolute, se necessario, al quale bilanciare un Parlamento, ora fra l’altro soggetto a una drastica riduzione dei propri membri a partire dalle prossime elezioni politiche, che dovrebbe essere invece capace di esprimere un’ampia rappresentanza politica e territoriale della cittadinanza. Certo, il tema immediato è il superamento della crisi di governo, ma da questa esperienza la classe dirigente, ragionando in modo lungimirante, dovrebbe anche trarre i necessari insegnamenti per immaginare riforme in grado di correggere le inefficienze che si sono riscontrate, per consentire nel futuro una migliore gestione politica del Paese.