Crisi di Governo: oggi Conte alla Camera, la vera sfida sarà in Senato. Un po’ di responsabili o costruttori ci sono ma non quanti auspicati. Al momento le dimissioni di Conte e il Conte ter restano ipotesi aperte

Un lungo discorso su quanto «abbiamo…» fatto bene tutto quello che è stato fatto fino ad oggi, nel tentativo di far credere alle «forze volenterose» che la seconda crisi di Governo del premier Conte sia del tutto incomprensibile. Nonostante la cortina fumogena gettata dal presidente del Consiglio nell’Aula della Camera, il dato di fondo resta chiaro: la crisi c’è, è in atto e dunque a rischio deflagrazione domani. Qualcosa di più concreto si può però dire rispetto alle comunicazioni fuori dalla realtà di Conte e alla suggestiva dichiarazione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini («Siamo nelle mani di Dio…»). Dando per scontati i numeri del Governo alla Camera, nonostante i renziani a Montecitorio siano ben 38, se per Conte l’unico irresponsabile in Parlamento è Matteo Renzi con il suo partito, salvando persino le forze di opposizione per Conte che hanno dimostrato «senso di responsabilità», va detto che l’operazione “partito dei Costruttori” sembrerebbe non aver portato al risultato sperato, nonostante il week end di riflessione e di scouting politico. Il vertice dei capigruppo di maggioranza si è ridotto a una «riunione breve, molto tecnica. Senza numeri». Tuttavia alcune indiscrezioni politiche (in particolare Fabio Martini su La Stampa) narrano di una variegata classe dirigente, che va dal Vaticano passando per le partecipate, Servizi segreti, alcuni sindacati e pezzi di Confindustria, sistema dell’informazione fino ad arrivare alla Procura di Roma, si starebbe ancora muovendo per trovare i responsabili e magari anche dare corpo al futuro partito di Conte. Senza un numero sufficiente di responsabili cosa succederebbe? Senza Italia Viva, dalla quale non dovrebbero esserci fuoriuscite di senatori, Conte si troverebbe in Senato con 155-158 voti, mentre con Matteo Renzi poteva contare tra i 165-170. La maggioranza assoluta, auspicata, per riuscire a governare è di 161. Si potrebbe anche governare con una maggioranza relativa ovvero un voto in più dell’opposizione. Ma a quel punto si parlerebbe di un Governo piuttosto debole. Dunque le dimissioni di Conte e la nascita di un Conte-ter restano ipotesi aperte, anche se non piacciono soprattutto al premier e al M5s, che preferirebbero andare avanti con il “bis”. Proprio il voler tenere in vita il “bis” ha rappresentato l’ostacolo all’ingresso nel governo dei centristi con il simbolo dell’Udc abbinato a quello del Ppe. Il Conte ter, quindi crisi deflagrata ma non necessariamente ultimo atto di Conte, darebbe a Mattarella il timone per gestire la crisi e forse per far rientrare Italia Viva dalla finestra.