di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Di nuovo gli italiani sono costretti ad aspettare: che si decida se la propria regione rientrerà tra le gialle, le arancioni o le rosse, con tutte le conseguenze che ne derivano per la vita privata e professionale, ad aspettare i ristori, la cig, il rinnovo del blocco dei licenziamenti, la chiamata per l’eventuale vaccino. La politica prende tempo, ma il tempo stringe e ce n’è poco da perdere, pena il perdurare di una crisi sanitaria, economica e sociale che si sta rivelando devastante. Ora si è aggiunta la crisi di governo e tutti noi dovremo attendere almeno fino alla prossima settimana per sapere se si troveranno i voti necessari a puntellare un governo fragilissimo, non solo dal punto di vista dei numeri, ma soprattutto da quello della proposta politica per affrontare la pandemia, superare l’emergenza e gettare le basi per la ripresa. Mentre sarebbe più che mai necessario poter contare su una gestione coesa, efficiente e lungimirante della crisi Covid, siamo alle prese con un Esecutivo traballante, divorato dai personalismi, distante dai problemi dei cittadini e diviso praticamente su tutto. Sui media si parla di “responsabili” o, come va di moda adesso, di “costruttori”. Bisogna intendersi: se si tratta solo di racimolare qualche senatore per garantire al governo la propria autoconservazione, nel timore delle urne e del responso degli italiani su quanto fatto in questi mesi, allora forse, più correttamente, si dovrebbe parlare di irresponsabili. Nei confronti del Paese, perché è irresponsabile continuare a galleggiare senza una visione di lungo periodo, limitandosi ad adottare misure di carattere meramente assistenziale, insufficienti a far ripartire l’economia e a creare occupazione. I dati dell’Istat sono una fotografia allarmante della situazione attuale, in cui corriamo il rischio di perdere un’impresa su tre, con 32 mila aziende manifatturiere chiuse a partire dal 2017. Una deriva pericolosa per la competitività e per la stabilità sociale del nostro Paese. Servirebbe altro, con questa o, meglio ancora, con una maggioranza maggiormente rappresentativa della reale volontà popolare e quindi nella quale gli italiani riuscirebbero a riporre più fiducia: un cambio di passo, una visione di lungo periodo che – per quanto riguarda nello specifico il mondo del lavoro – parta da un’ormai indispensabile riforma del welfare che elimini inutili carrozzoni elettorali come i ‘navigator’, prevedendo al contempo un serio piano di politiche attive, un sistema di incentivi alle assunzioni e un taglio poderoso del cuneo fiscale sul lavoro, con un confronto aperto e propositivo con le parti sociali, per discutere delle misure più urgenti nell’interesse di imprese e lavoratori. Un cambio di passo che potrebbe trasformare questa crisi di governo da un gioco di palazzo in un’opportunità di rilancio per il Paese.