di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL
Mentre dentro (e fuori) le Istituzioni proseguono le manovre per innescare o disinnescare una «crisi al buio», con l’alibi della pandemia il Governo Conte bis, ormai ai titoli di coda, perpetua scelte dirigistiche che non gioveranno né all’economia né alla lotta al coronavirus. Così come hanno già dimostrato le restrizioni a singhiozzo, scelte prima e durante il periodo natalizio, che non sono servite a frenare la pandemia e che hanno depresso in maniera più che consistente consumi, fatturato e aspettative delle imprese. Palazzo Chigi ha deciso un’ulteriore stretta antiCovid sotto la pressione di possibile terza ondata, ma senza ascoltare i tanti allarmi lanciati che arrivano da diversi settori, da aziende e dai sindacati. È doveroso quindi esprimere piena solidarietà anche agli imprenditori e in particolare a quelli aderenti a Mio Italia (Movimento Imprese e Ospitalità), che hanno dato il via in tutto il Paese ad una serrata, quale segnale di protesta contro il Governo Conte. Consentire, ad esempio, la riapertura nelle giornate di giovedì 7 e venerdì 8 gennaio per poi imporre nuovamente la chiusura nel fine settimana ha segnato l’ennesima presa in giro nei confronti degli italiani e ha accentuato il clima di esasperazione sempre più diffuso. Un esecutivo realmente attento alle esigenze delle aziende saprebbe che è fondamentale un minimo di programmazione per riprendere a regime le attività e consentire ai fornitori di consegnare la merce. Le imprese nel settore della ristorazione e dell’ospitalità sono allo stremo, da un lato la morsa delle tasse con la partenza delle cartelle esattoriali, dall’altro il crollo del fatturato, per effetto delle restrizioni governative. Le Regioni del Nord (Emilia Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta, Trentino, Veneto, Friuli) proprio oggi hanno lanciato un chiaro monito al Governo: con il nuovo Dpcm si decreterà la mancata ripartenza, a suo tempo promessa, della stagione sciistica e il turismo invernale rischia di non rialzarsi mai più. Servono quindi ristori certi «immediati e proporzionati alle perdite subite». Non solo, c’è da aggiungere per turismo e ristorazione, anche per un vastissimo indotto. Ma il Governo Conte per dare risposte, nel pieno di una crisi al buio e senza sapere se domani ci sarà, dovrebbe far uscire fuori dal cassetto subito il decreto Ristori 5, rimasto fermo per un mese, e farsi autorizzare dal Parlamento un altro scostamento di bilancio. Un altro indebitamento, forse di 24 o di 30 miliardi, solo per mettere una pezza, che non basterà, e senza prospettive di rilancio. Nei Palazzi invece proseguono manovre che nulla hanno a che fare con i problemi che di giorno in giorno si aggravano e nei quali sono indissolubilmente legati imprese e lavoratori.
Di fatto gli unici, questi ultimi, ad andare avanti nonostante tutto e a mandare avanti l’Italia.