di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

È ormai quasi un anno che ci troviamo in “Stato d’emergenza”. E con tutta probabilità a partire dal prossimo 31 gennaio sarà ulteriormente prorogato, per altri sei mesi e poi si vedrà. Stato d’emergenza, però non significa, come forse l’ha interpretato il Governo, rincorrere l’emergenza, camminare sempre sul filo del rasoio, prendere decisioni all’ultimo minuto, far sapere ai cittadini cosa accadrà l’indomani nelle loro vite private e professionali col solito Dpcm notturno a dettare regole per il giorno successivo. Ne abbiamo parlato oggi con Gianluca Baldini su La Verità. È vero, la gestione della pandemia si basa sui dati variabili dei vari indicatori che determinano lo scattare di misure più o meno stringenti, ma non per questo è impossibile una programmazione in grado innanzitutto di far vivere più serenamente i cittadini e anche, a più lungo termine, di impostare una strategia per la ripresa. Ora siamo in attesa dell’ennesimo Decreto che stabilirà come dovremo comportarci nelle prossime settimane. E ancora mancano, ad esempio, quei necessari automatismi fra chiusure e ristori, un quadro chiaro e completo di quanto risarcire ai vari settori, con la velocità che sarebbe necessaria, con anche i metodi di calcolo, basati sul fatturato di aprile 2019, che non consentono una stima affidabile delle perdite subite, in grado di adattarsi alle varie tipologie di impresa. La Cig per i lavoratori dipendenti continua ad arrivare troppo tardi, specie quella in deroga che riguarda le aziende di dimensioni più piccole e quindi spesso impossibilitate ad anticiparla ai propri lavoratori. Non solo: il prossimo 31 marzo scadrà il blocco dei licenziamenti e anche qui non è dato sapere quale sia il piano per far fronte alla probabile perdita di moltissimi posti di lavoro, un milione abbiamo stimato, quali ammortizzatori sociali saranno messi in campo e con quali coperture. Che fine farà il fallimentare reddito di cittadinanza, che drena ingenti risorse, ma non è stato capace – complice anche il Covid, certo, ma già da prima della pandemia – di generare lavoro, mentre l’Italia ha estremo bisogno di politiche attive, a fini non solo economici – per i cittadini e lo Stato – ma anche di inclusione sociale. E tutto questo senza considerare l’altra faccia della medaglia, ovvero, oltre alle misure da attuare durante la pandemia, anche una visione, un piano strategico e prospettico per la ripresa dopo lo tsunami Covid, per aziende e lavoratori, che salvaguardi gli asset strategici del Paese, che abbia degli obiettivi per lo sviluppo economico e sociale. Un piano che affronti i problemi del Mezzogiorno, sempre più in difficoltà, che consenta all’Italia di recuperare il gap con il resto d’Europa. Insomma, ci sarebbe tanto da fare, mentre continuiamo a vedere misure di piccolo cabotaggio e un Governo che tira avanti navigando a vista.