In caso di rifiuto a vaccinarsi: Guariniello e Ichino sostengono questa tesi. Allarme nel sindacato confederale

La gestione dell’emergenza Covid-19 nel mondo del lavoro si arricchisce di un nuovo capitolo di confronto. Secondo alcuni illustri giuslavoristi, su tutti l’ex magistrato Raffaele Guariniello e l’ex parlamentare Pietro Ichino, il rifiuto del lavoratore a sottoporsi alla vaccinazione anti Covid-19 potrebbe comportare addirittura la risoluzione del contratto di lavoro per giusta causa. Una interpretazione forte che lega la profilassi alla necessità del datore di lavoro di dotare il lavoratore di tutti i dispositivi di protezione individuale, compreso quindi il vaccino. In altri termini, e per semplificare, il rifiuto del lavoratore a vaccinarsi potrebbe essere equiparato al rifiuto di indossare un dispositivo di protezione individuale. Il tutto, secondo Ichino, agirebbe anche in assenza di un obbligo di legge specifico, in quanto è sufficiente l’articolo 2087 del codice civile. Insomma, una questione che rischia di diventare molto spinosa che sta già allarmando i sindacati. Si ricorda come, in pieno lockdown, Cgil, Cisl, Uil e Ugl si sono tenuti intorno ad un tavolo – virtuale in quel caso – per definire le regole per la ripresa delle attività produttive, in generale e in settori specifici. È chiaro che con l’arrivo delle prime scorte di vaccino, il confronto è destinato a riaprirsi in tempi molto rapidi, proprio per evitare possibili equivoci o situazioni fuori controllo.