Ripresa e resilienza, il World Economic Forum boccia l’Italia. «Special Edition» del Rapporto sulla Competitività 2020. Un’occasione per fare il punto su come i Paesi hanno saputo reggere l’urto e gestire la pandemia

Il Rapporto sulla competitività 2020 (Global Competitiveness Report) del World Economic Forum ha bocciato l’Italia, in particolare per quel che riguarda capacità di resilienza e di ripresa dell’economia. Su undici priorità indicate nel rapporto l’Italia è risultata in ritardo per 9 di esse. E trattandosi di una «special edition», nonché di un evento, il WEF di Davos, tra i più attesi per il mondo dell’economia, e mirato, fin dalla sua nascita, a sollecitare i responsabili politici ad andare oltre la crescita a breve termine e puntare a una prosperità a lungo termine, la bocciatura fa particolarmente male all’Italia in termini di immagine e di (mancanza di) fiducia che il nostro Paese riesce e riuscirà ad ispirare. «In questa edizione speciale, in questo momento turbolento per l’economia globale, – è scritto nel rapporto – mettiamo in pausa le classifiche comparative dei Paesi nell’Indice di competitività globale. Diamo invece uno sguardo fondamentale a come le economie dovrebbero pensare alla rinascita e alla trasformazione nel momento in cui si riprendono e ridisegnano i loro sistemi economici per migliorare lo sviluppo umano e la compatibilità con l’ambiente». Se è la maggior parte dei Paesi a non essere pronta alla trasformazione che il momento storico richiede, gli esperti hanno indicato che i Paesi dimostratisi in grado di reggere meglio l’urto e di gestire la pandemia, riuscendo in qualche modo a limitare i danni, sono quelli che come Olanda, Nuova Zelanda, Singapore, persino gli Stati Uniti nell’era del criticatissimo Donald Trump, già avanti nel percorso di digitalizzazione, per fare un esempio. I due aspetti in cui l’Italia è relativamente meglio preparata sono «la disponibilità al quadro della concorrenza e agli incentivi a dirigere le risorse finanziarie verso investimenti e inclusione a lungo termine». I ritardi non vanno in vacanza e neanche in lockdown, anzi si accumulano, la speranza è che quelli cronici che l’Italia si trascina dietro da anni possano essere colmati con il Recovery fund. Sempre che si riesca a presentare un Piano di rilancio degno di questo nome e che si riesca a spendere le risorse messe a disposizione dalla UE.