di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La speranza di molti nostri connazionali è quella di veder abolito l’assurdo divieto di spostamento fra Comuni introdotto dall’ultimo Dpcm solo per le giornate di Natale, Santo Stefano e Capodanno. Il Governo, sommerso dalle critiche dopo un simile svarione natalizio, in calo di consensi, diviso al suo interno ed anzi addirittura traballante in Parlamento, sembrerebbe intenzionato a fare marcia indietro. Ce lo auguriamo tutti, per consentire un po’ di serenità durante le feste più sentite dalla gran parte degli italiani. Del resto questa è stata una delle misure peggiori fra quelle prese negli ultimi tempi da Conte e dai suoi. Una decisione dall’aria punitiva, sbilanciata, con l’equiparazione delle grandi città ai Comuni anche piccolissimi, del tutto inutile al fine di bloccare i contagi, dato che sono possibili moltissimi spostamenti in tutti gli altri giorni per motivi di lavoro o altro. Non sarà certo un pranzo, con i parenti o gli amici più stretti, con le cautele che tutta la popolazione o almeno la gran parte ha sempre dimostrato in questi mesi, a generare la “terza ondata”. Piuttosto l’Esecutivo si desse da fare nei campi di propria pertinenza, onde mettere il Paese nelle migliori condizioni possibili al fine di affrontare il Covid, senza oltrepassare i limiti che tutelano le nostre libertà. Sembra, invece, che ad alcuni esponenti del governo la pandemia in corso, lo stato d’emergenza, i Dpcm à gogo con la possibilità inedita di sconvolgere da un giorno all’altro la vita di milioni di italiani abbiano dato un po’ alla testa. Fra questi, il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Invece di preoccuparsi di questioni più pertinenti alla sua carica – una fra tutte, la liberazione dei nostri pescatori ancora prigionieri in Libia – ieri ha pensato bene di intestarsi la marcia indietro sugli spostamenti fra Comuni nei giorni festivi, con un post sui social del tutto inopportuno. «A Natale e Capodanno permettiamo ai nostri concittadini di spostarsi tra i piccoli comuni». Questo il testo, senza neanche l’aggiunta di un punto esclamativo. In attesa di una comunicazione ufficiale da parte del Governo, per ora il divieto è ancora in piedi e non è risultato affatto chiaro se quella del ministro fosse una presa di posizione indirizzata a Conte e Speranza – ma non poteva dirlo nel corso del Cdm, dato che il suo è, fra l’altro, il partito di maggior peso all’interno della maggioranza? – o, piuttosto, un’anticipazione di quanto verrà messo a breve, secondo indiscrezioni, nero su bianco. Molte polemiche ha poi suscitato il verbo scelto: “permettiamo”. A tanti è suonato piuttosto fastidioso, sembrando, la libertà di circolazione, una concessione dall’alto e non piuttosto uno degli inalienabili diritti costituzionali, che noi italiani abbiamo consentito al Governo di limitare per un po’, purché per ragioni comprovate di tutela della salute, per un arco di tempo limitatissimo e nell’ambito – almeno così dovrebbe essere – di rigide norme democratiche. L’Esecutivo, ricordiamocelo, è un organo al servizio del Paese e gli italiani sono ancora, piaccia o meno a Di Maio, cittadini e non certo sudditi.