di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Chissà cosa staranno pensando quegli elettori, allora furono circa un terzo dei votanti, che nell’ormai lontanissimo 2018 scelsero di riporre la propria fiducia nel Movimento Cinque Stelle, convinti di aver trovato dei campioni non solo di onestà, ma anche di fermezza contro le politiche antisociali di Bruxelles. Con la decisione di acconsentire alla riforma – ulteriormente peggiorativa – del meccanismo europeo di stabilità quel movimento sembra aver toccato il definitivo punto di non ritorno nel processo che ha visto la trasformazione dei pentastellati da partito anti sistema in forza di establishment. Ieri alla fine, dopo la Camera, anche il Senato ha dato il via libera alla riforma del Mes e non c’è stato alcuno scossone significativo, se si eccettuano alcuni dissidenti che sono rimasti fedeli alle proprie idee votando contro. Inutili i filosofismi, il dire che l’aver approvato le dichiarazioni di Conte non significhi in automatico approvare la riforma, inutile assicurare che l’Italia alla fine non avrà bisogno di accedere al famigerato meccanismo europeo: ormai la credibilità delle affermazioni lascia il tempo che trova. E gli italiani se ne sono accorti, come dimostrano le ultime amministrative e i sondaggi sulle preferenze, che attestano l’evaporazione di quello che fu il movimento. Dopo aver ceduto su pressoché tutti i temi, con il dietrofront anche sul Mes si è consumato il completo tradimento del voto degli italiani, che avevano premiato le forze, fra cui il M5S, che si mostravano come le più ostili verso le politiche europee di austerità, che già dopo la crisi economica del 2008 si erano dimostrate fallimentari, economicamente infondate e politicamente insostenibili. Adesso, con la crisi Covid, ci risiamo: il nuovo Mes non è migliore del vecchio, è anzi ancora peggiore, ideato per rispondere in tutto e per tutto agli interessi di quegli stessi Paesi responsabili di aver distrutto il ceto medio in Grecia grazie alle riforme lacrime e sangue. La nuova configurazione del Meccanismo europeo di stabilità imporrà agli Stati che chiederanno di accedere al fondo una ristrutturazione del debito con un conseguente commissariamento dell’economia, ovvero possibile default pilotato e collasso del sistema bancario a danno dei risparmiatori. Un cappio al collo per i prossimi governi nazionali, che accentuerà il potere ricattatorio delle istituzioni europee. E come i vecchi meccanismi parevano cuciti addosso alla Grecia per approfittare della sua situazione economica, quelli attuali con ogni evidenza sembrano indirizzati contro l’Italia, già fortemente indebitata e ora in grave difficoltà. Ancora è possibile opporsi, nelle successive fasi di ratifica e – speriamo non accada – accesso al Mes, bloccando questo meccanismo dannoso, ma la via d’uscita sembra sempre più stretta. Servirebbe un sussulto di coerenza da parte dei grillini, o, ancor meglio, un ritorno alle urne per far misurare il “nuovo” M5s filo-austerity con gli italiani e per impedire che, come sta accadendo, si portino avanti, in un Parlamento blindato, politiche opposte a quelle promesse grazie ai voti degli elettori. Illusi di aver trovato dei rappresentanti con determinate idee e che si sono invece ritrovati dei veri e propri voltagabbana al potere.