I sindacati spingono per aprire il confronto, mentre la spesa schizza in alto

Più che una riflessione su cosa non ha funzionato, quanto sta venendo fuori, sotto forma di indiscrezioni, sembra un tentativo del governo di ridurre l’impatto finanziario che il reddito di cittadinanza ha e avrà sulle casse dello Stato. Il punto di partenza è dato dal sostanziale fallimento della parte del reddito di cittadinanza relativo all’inclusione lavorativa, un aspetto sul quale ha inciso soltanto in parte l’emergenza Covid-19. Come noto, il reddito di cittadinanza ha una parte assistenziale di sostegno al reddito ed un’altra di attivazione dei beneficiari per uscire dal dramma della povertà e della inoccupazione. A causa della pandemia, il governo ha deciso lo stop alle condizionalità, per cui i percettori del reddito hanno potuto rifiutare una occupazione senza perdere il sussidio. Questa, però, è stata soltanto l’ultima goccia, in quanto già prima si era accumulato un ritardo enorme sia verso i datori di lavoro privati che verso gli enti locali. Ora, a fronte di una spesa che potrebbe schizzare a dieci miliardi di euro, potrebbero essere adottati dei correttivi alle modalità di fruizione. Si parla con insistenza di un sussidio ridotto per le persone immediatamente occupabili che sarebbe così spinte ad accettare le eventuali offerte di lavoro. L’opposizione insiste invece su regole più stringenti sulle condizionalità, mentre i sindacati, dalla Cgil alla Ugl, spingono per la ripresa del confronto.