di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Tra meno di un mese sarà Natale, il primo – e speriamo sia anche l’ultimo – in tempo di pandemia. Così il dibattito politico verte sulle libertà da “concedere” agli italiani nel periodo delle festività. Riaprire le scuole come vorrebbe Azzolina, per consentire un paio di settimane di didattica in presenza prima delle vacanze, o posticipare il ritorno dei ragazzi delle superiori sui banchi a dopo l’Epifania, considerando le lacune persistenti in termini di spazi disponibili, scaglionamento degli ingressi, disponibilità di mezzi di trasporto? Certo i giovani sono stati particolarmente penalizzati in questi mesi, tuttavia ancora non si sono dissipati i dubbi sull’impatto reale della riapertura delle scuole nella propagazione dei contagi, riapertura coincisa, di fatto, con l’inizio della seconda ondata. C’è poi la questione delle vacanze sulla neve e soprattutto dei danni per il settore che sarebbero determinati da una chiusura degli impianti italiani, mentre quelli degli altri Stati resterebbero aperti. Con l’ipotesi – dato che sembra impossibile trovare un accordo con gli altri Paesi alpini – di chiudere le frontiere, oppure di intervenire imponendo poi una quarantena di ritorno a chi decidesse di andare comunque a sciare recandosi all’estero. L’incognita sugli spostamenti fra Regioni, solo tra le gialle, il coprifuoco “allentato” con aperture degli esercizi commerciali fino alle 22 per dilazionare gli ingressi e aiutare il commercio. Non sappiamo esattamente come queste decisioni siano suffragate da evidenze scientifiche a stabilire quali siano le occasioni maggiori di contagio. Sappiamo che tutte le attività economiche e sociali sono importanti, che tutte vanno tutelate, che le libertà dei cittadini sono altrettanto importanti, che ogni chiusura ed ogni limitazione deve essere attuata solo se necessaria e bilanciata da adeguate misure che ne rendano sopportabili, economicamente e socialmente, le conseguenze. La situazione non è semplice ed è oggettivamente complicato cercare di bilanciare tutela della salute, della libertà e dell’economia senza scontentare nessuno. Però, anche questo dobbiamo dire, almeno le esternazioni natalizie di dubbio gusto si potrebbero evitare. Già il premier Conte qualche giorno fa si era improvvisato teologo – non bastassero già i virologi della domenica, gli allenatori della nazionale, i tuttologi di ogni risma – per dirci come essere più “spirituali” a Natale. Ora anche il ministro Boccia ha suggerito addirittura di modificare la liturgia cattolica, che sarà mai, anticipando la nascita di Gesù, tradizionalmente stabilita alla mezzanotte del 24 dicembre, alle 22, in concomitanza con l’orario massimo di apertura dei negozi. Si sta esagerando. Che lo Stato, laico come è giusto che sia, faccia lo Stato, che il Governo prenda le decisioni che ritiene opportune – come quella di non concedere un’eccezione negli orari neanche la notte di Natale – assumendosene pienamente la responsabilità, senza, però, entrare in campi che non gli competono. Che i ministri prendano provvedimenti possibilmente efficaci per contrastare l’avanzata della pandemia, per potenziare il sistema sanitario, per sostenere adeguatamente l’economia. Questo è il loro mestiere, dovrebbero cercare di farlo bene. I credenti, comunque la si pensi, meritano maggiore rispetto. Troveranno il modo – con le chiese aperte o chiuse per legge – di celebrare il Natale: almeno quello non è stabilito per Dpcm.