di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

I ritardi, uno sull’altro, si accumulano, non si annullano tra di loro. Non si può quindi essere sorpresi, ma certamente allarmati per i dati odierni di Bankitalia. Nel 2021 la ripresa sarà verosimilmente più lenta del previsto. «Le prospettive restano condizionate, oltre che dai progressi nel controllo dei contagi, dalla prontezza ad adattare l’azione della politica economica all’evolversi della situazione», ha detto Eugenio Gaiotti, capo del dipartimento di Economia e Statistica della Banca d’Italia. Il punto sta proprio nella mancanza di prontezza del Governo, che si trova in ritardo su molti fronti: la stessa manovra, peraltro priva di visione, è stata presentata con un mese di ritardo, i piani per il Recovery Fund sono in ritardo, in ritardo sono le risorse sia dei ristori sia della cassa integrazione che dovrebbero solo tamponare, non risolvere né dare prospettive, la crisi. Risorse distribuite male e non inquadrate all’interno di un “disegno” che sappia cogliere le peculiarità economiche della seconda ondata di epidemia e della differenziazione in zone del nostro Paese. Nel frattempo, i ritardi storici si sommano ai danni generati dalle misure scelte per contrastare la diffusione del virus. Proprio ieri una ricerca del Censis ha rilevato il tragico abbassamento del tenore di vita per milioni di italiani, 5 dei quali non sanno come mettere insieme un pasto decente. I divari che l’Italia si trascina da decenni nella partecipazione al mercato del lavoro si stanno ampliando sempre di più: Sud, giovani e donne. Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in audizione sulla manovra oggi ha sottolineato come gli effetti della crisi si siano riverberati proprio sulle componenti più vulnerabili del Paese. In particolare nei giovani, l’occupazione della classe 15-24 è diminuita del 7,3%. Consistente la perdita anche per 25-34enni. Ma tra febbraio e settembre il calo dell’occupazione ha colpito maggiormente le donne, con – 184mila posti di lavoro a fronte dei – 145 mila degli uomini. Senza dimenticare che il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni si attesta al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile, circostanza che ci fa conquistare il penultimo posto della graduatoria europea, appena sopra la Grecia. A ciò si aggiunga che la pandemia, secondo Unioncamere, tra aprile e settembre ha fiaccato la nascita di nuove imprese nel secondo trimestre (-42,3% per le femminili contro il -35,2% delle maschili) e anche quella di nuovi figli, visto che secondo le previsioni dell’Istat quest’anno saranno 408.000, superando il record negativo del 2019 pari a 420.00. Ancora peggio potrebbe andare nel 2021.
In questo contesto, a fronte delle inefficienze della Pubblica amministrazione che causano e amplificano i ritardi e le incertezze dimostrate più volte nella sua azione dal Governo giallorosso, tra la paura che induce cauti comportamenti e il progressivo impoverimento della popolazione, è difficile immaginare che la ripresa possa rianimarsi e trascinare verso l’alto un sistema vicino al collasso.