Stop momentaneo per 381mila famiglie. Le decisioni paradossali dell’esecutivo

Il reddito di cittadinanza torna a far parlare di sé. Puntuale come una cambiale di altri tempi, in queste settimane è infatti arrivata a scadenza la prima tranche di autorizzazioni. Il reddito di cittadinanza, infatti, è stato introdotto con il cosiddetto decretone del gennaio del 2019 – provvedimento che conteneva pure Quota 100 – con le prima domande dal 6 marzo successivo e gli assegni da fine aprile. Il reddito di cittadinanza ha una scansione temporale di 18 mesi, per cui fra settembre e ottobre sono andati in scadenza le prime concessioni, quelle peraltro dove si registrò il massimo afflusso, tanto che oggi sappiamo che 381mila famiglie sono già decadute dal beneficio. Se nel frattempo hanno provveduto a presentare una nuova domanda, potranno, attesi i tempi di verifica dell’Inps, percepire una nuova tranche di un anno. Secondo le prime stime, sarebbero poco meno di 300mila le famiglie che hanno nuovamente presentato domanda, ma la questione è destinata a protrarsi nel tempo. Pesa, in questo scenario, la decisione del governo di stoppare a prescindere le cosiddette condizionalità, un vero e proprio paradosso perché ha permesso ad un certo numero di percettori del reddito di cittadinanza di rifiutare le offerte di lavoro arrivate. Si ricorda che il datore di lavoro che intende assumere un percettore del reddito ha diritto ad uno sgravio contributo e a benefici di ordine fiscale.