di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Non il primo e neanche l’ultimo purtroppo è l’allarme lanciato oggi da Confcommercio: l’aggravarsi della pandemia e i lockdown pesano sulla nostra economia, già molto provata. Si parla di crollo dei consumi (-8,1% a ottobre, era al -5,1 a settembre) e di prospettive di crescita sempre più lontane. Il Pil a novembre è in flessione al 7,7 su base mensile e al 12,1% su base annua. Molto difficile immaginare che nel 2021 possa verificarsi il tanto atteso rimbalzo dell’economia. La stessa Commissione Ue la settimana scorsa ha rivisto le stime del Pil, e in particolare quelle sull’andamento dell’economia italiana: per il 2021 ha stimato un rimbalzo del 4,1%, inferiore al 6,1% in luglio previsto a suo tempo dal Governo. In questo contesto, affrontare una discussione a Palazzo Chigi, peraltro con solo tre organizzazioni sindacali, sulla necessità, legittima e effettivamente esistente, del rinnovo dei contratti nella PA, potrebbe apparire a molti, e così in effetti è apparso, non del tutto opportuno. È vero, nella bozza della legge di Bilancio, secondo le organizzazioni sindacali, non esistono sufficienti risorse, ma né risorse sufficienti né progetti veri, a giudizio dell’Ugl, ci sono per la crescita e per il rilancio del Paese. Siamo alle solite, inefficaci, distribuzioni a pioggia o, peggio ancora, random.
Il tema più urgente al momento da affrontare per la PA, che proprio in questo difficile contesto deve garantire una sempre maggiore efficienza, e per i lavoratori della stessa è quello delle tutele o, meglio, delle nuove tutele, nonché regole, conseguenti all’ingente ricorso dello smartworking nello Stato, visto che almeno il 70% dei dipendenti lavora in modalità agile. Tema, anzi nodo che andrebbe affrontato attraverso un tavolo decisamente più aperto, meglio ancora presso l’Aran, l’Agenzia tecnica deputata a rappresentare le Pubbliche amministrazioni nella contrattazione collettiva nazionale di lavoro. D’altronde è stato lo stesso ministro della Funzione pubblica, Fabiana Dadone, nel presentare la nascita dell’Osservatorio sul Lavoro Agile, a sostenere che «la rivoluzione dello smartworkimg nella PA non può essere calata dall’alto». Dunque incontriamoci e ben venga una discussione su temi come il diritto alla disconnessione, sullo svolgimento dello smartworking in base a fasi, cicli o obiettivi, sui vincoli di orario o di luogo di lavoro, sugli strumenti di lavoro tecnologici necessari allo svolgimento dell’attività stessa e su chi debba fornirli, sulla responsabilità della sicurezza delle persone, del buon funzionamento degli stessi strumenti, del flusso dei dati, su un eventuale rimborso spese riguardo al costo degli strumenti stessi, sul “principio di non discriminazione” ovvero l’applicazione delle medesime tutele tra i lavoratori che svolgono attività lavorativa in sede e quelli che lo fanno in smartworking.