di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Al di là di qualche ragionevole sospetto di esagerazione, che non di rado appare essere “distribuita” a pioggia per tenere a bada le masse, ci sono ragioni evidenti per condividere le preoccupazioni, ma non le politiche, espresse recentemente dal Viminale in materia di sicurezza. Preoccupazioni che si trovano di fatto in palese contraddizione con la recente cancellazione dei decreti sicurezza e l’apertura delle maglie in materia di immigrazione. Il ministro Luciana Lamorgese ha parlato dei rischi in atto presso il Comitato parlamentare della Sicurezza, dove ha riferito dell’esistenza di una serie di allarmi, anche all’indomani degli attentati di Nizza e di Vienna da non giudicare però come attacco all’Europa, che al momento non hanno ancora prodotto un innalzamento dei livelli di sicurezza. Peraltro da oggi le forze di polizia saranno ancora più impegnate a sorvegliare il territorio nazionale per far rispettare le norme anti-covid. Anche queste ultime, per Lamorgese, possono rappresentare un fattore di rischio, alla luce di un possibile un innalzamento della tensione nella popolazione italiana. Al momento in tema di terrorismo e radicalismo il rischio più sicuro di altri sarebbe quello di emulazione, in seguito a quanto avvenuto a Nizza e Vienna. Non poco. Ma c’è di più: dalla Tunisia, nonostante gli accordi e le molte risorse già investite dall’Italia, continuano gli sbarchi – da inizio anno su 30 mila migranti arrivati nel nostro Paese, 12.000 provenivano dalla Tunisia – fatto non irrilevante visto che in quel Paese il radicalismo sta aumentando, non solo a causa della disoccupazione ma anche dalle alleanze con Turchia e Qatar. L’attentatore di Nizza sbarcato a Lampedusa, portato a Bari e poi identificato il 9 ottobre, il quale, nonostante un ordine di rimpatrio, ha potuto liberamente viaggiare tra Italia e Francia, impone al nostro Paese un cambiamento di rotta. Ma sarà difficile farlo senza sconfessarsi e sarà difficile anche per l’Europa chiedere un cambio di rotta senza cadere in contraddizione, dopo aver demonizzato l’ex ministro degli interni italiano Matteo Salvini, e senza l’assunzione di precise responsabilità. Dunque l’Italia si trova a fronteggiare un’altra fase della pandemia, diversa e più difficile da quella di marzo e aprile, nella quale, oltre al terrorismo, potrebbe accadere di dover tenere a bada il malcontento sociale degli italiani, che per difendere il proprio lavoro e la propria impresa, la scuola e la sanità sempre più inadeguate, vorranno, e ne hanno tutto il diritto, manifestare. Con il buonismo non si ottiene tutto né si possono evitare scelte che andrebbero prese non solo per il bene della nazione ma, e adesso è evidente, dell’intero continente europeo.