di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Da un paio di settimane a questa parte, in Italia si susseguono i Dpcm. Non si fa in tempo ad organizzare le proprie attività quotidiane, lavorative e personali, che, ecco, spunta un altro decreto a rimescolare di nuovo le carte. Colpa della pandemia, dicono. Eppure delle previsioni sulla seconda ondata di Covid erano possibili e di conseguenza si potevano anche organizzare risposte proporzionate già stabilite in anticipo, con tutto il tempo per trovare regole condivise e capaci di mettere d’accordo maggioranza e opposizione, enti locali, parti sociali, esponenti del Cts. Comunque ora, col Dpcm nuovo, il Paese sarà suddiviso in zone rosse, arancioni e gialle, in base all’entità della diffusione dei contagi. Un semaforo senza verde, perché, purtroppo, in Italia non ci sono più aree Covid-Free e ovunque resteranno in vigore le restrizioni di base. Accanto alle restrizioni, dovrebbero esserci i “ristori”, così almeno ha promesso il governo ed in particolare il ministro dell’economia Gualtieri. Eppure i ristori previsti sono insufficienti, molti i settori produttivi e le categorie di lavoratori esclusi, troppo poche le risorse rispetto all’effettiva contrazione economica subita. Non solo. I rimborsi per le attività colpite dalle limitazioni dovrebbero arrivare «in tempi record, entro il 15 novembre», queste le testuali parole del ministro. Nell’arco, quindi, di dieci giorni esatti. Non manca molto per verificare se queste promesse saranno rispettate. Se quel poco, e per pochi, arriverà almeno rapidamente. Intanto, in parallelo al “Dpcm semaforo”, il governo sta lavorando ad un “nuovo decreto ristori”. Ancora una volta l’Esecutivo sembra inseguire i problemi anziché anticiparli: il nuovo decreto ristori dovrebbe rimediare agli errori di quello vecchio, ovvero quello varato solo pochi giorni fa, con l’aggiunta di categorie Ateco che nel primo provvedimento non erano state considerate nell’elenco degli aventi diritto agli aiuti. E poi ci dovrebbero essere nuove risorse – troppo poche – per sostenere le attività delle Regioni che a breve saranno catalogate come “rosse” e che quindi dovranno chiudere. L’impressione, purtroppo, è quella di riguardare un film già visto, ma ci auguriamo vivamente che stavolta gli aiuti siano finalmente adeguati e i rimborsi rapidi: non possiamo permetterci di nuovo le sottovalutazioni, gli errori, i ritardi, il caos della scorsa primavera. Non possiamo rivedere i nostri concittadini aspettare mesi per avere quanto di diritto. Se la prima volta è stato grave, ora, in un’Italia già stremata a causa del primo lockdown, sarebbe moralmente inaccettabile e pericoloso non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello sociale. Il governo deve dare risposte certe e aiuti rapidi ai cittadini e alle famiglie che da domani avranno serie difficoltà ad arrivare a fine mese.