di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ci siamo. Lo dicevamo da mesi ed ora sta accadendo. Una gestione così inefficace della pandemia e del lockdown da parte del governo non poteva che provocare la crescita della rabbia sociale. Con l’ultimo Dpcm, Conte ed i suoi hanno scelto di richiudere l’Italia, l’unica risposta che, evidentemente, sono in grado di offrire di fronte alla crisi Covid. Non solo: hanno scelto, un po’ troppo furbescamente, di richiudere solo modo parziale, puntando esclusivamente su alcuni settori, senza peraltro fornire giustificazioni chiare in termini di contagiosità di alcune attività rispetto ad altre. Forse così pensavano di far meno danni e, invece, probabilmente, hanno addirittura peggiorato la situazione: simili tentennamenti, infatti, rischiano da un lato di non essere efficaci al fine di debellare i contagi e dall’altro di acuire il risentimento dei cittadini in grave difficoltà. Lo Stato non riesce a garantire un numero maggiore di mezzi pubblici circolanti? Allora si riprenda con la Dad per gli studenti delle superiori. Mancano i posti letto, le terapie intensive, i medici, gli infermieri? Che si chiudano palestre e piscine, poco importa se nei centri sportivi si osservano rigorosamente distanziamenti e sanificazioni. Ci sono troppi pochi agenti delle forze dell’ordine, dopo anni di tagli alle spese per la sicurezza, così non si riescono a far osservare le norme anti-Covid nelle pubbliche piazze? Allora via col coprifuoco per bar e ristoranti, anche se all’interno dei locali si rispettano da mesi le rigide regole anti contagio. Questo, in sintesi, il contenuto del nuovo Dpcm: il governo non sa cosa fare e allora chiude, ma neanche con quell’autorevolezza che aveva permesso il lockdown totale di marzo. Dopo le inefficienze estive, difficile ora per Conte presentarsi di nuovo come il “comandante in capo” nella guerra contro il Covid. Il popolo, adesso, invece di cantare dalle finestre, disilluso e arrabbiato, scende in piazza. Certo, a manifestare ci vanno in pochi, quasi sempre in modo pacifico, qualche volta – sbagliando – in modo più agguerrito, ma la rabbia sociale serpeggia, anche fra coloro che in piazza non ci vanno. Sta accadendo quello che prospettava solo pochi giorni fa, e qui ne abbiamo parlato, Ranieri Guerra del Cts. Ora non è sufficiente che Gualtieri parli genericamente di “ristori”: servono importi precisi e date certe, dopo l’esperienza dei rimborsi a dipendenti e autonomi previsti per “la fase uno”, inadeguati e arrivati con colossali ritardi. L’ha detto chiaramente anche Bonomi: difficile credere ai rapidi ristori promessi dal governo, se ancora decine di migliaia di persone attendono la prima tranche di Cig. Si chiariscano in modo celere anche i destini di Cassa Covid e blocco dei licenziamenti. Il Governo esca dal suo “dorato” isolamento e inizi a confrontarsi seriamente con le altre parti politiche e sociali: le cose, così, non vanno affatto bene.