Lo sostiene uno studio, spiegando che il 96% dei contagi non sarebbe stato rilevato dal Ssn

Durante la cosiddetta prima ondata, Bergamo è stata una delle aree più colpite dal coronavirus, a livello mondiale, con una sieroprevalenza superiore a quella di molte metropoli, tra cui New York, Londra e Madrid. Lo rivela una ricerca dell’Istituto “Mario Negri” di Bergamo, condotta a maggio 2020, e poi pubblicata sulla rivista EBioMedicine, del gruppo The Lancet. Secondo la ricerca, realizzata dal gruppo di Giuseppe Remuzzi e il cui primo autore è Luca Perico, è risultato positivo al virus SarsCov2 il 38,5% dei 423 volontari (133 dei quali sono ricercatori del Mario Negri e 290 addetti dell’Azienda Brembo) che a maggio si sono sottoposti al tampone nasofaringeo per la ricerca delle particelle virali e due tipi di test sierologici per la ricerca degli anticorpi. Successivamente i ricercatori hanno esteso il dato alla provincia di Bergamo, giungendo alla conclusione che il 96% dei casi positivi al coronavirus non dovrebbe essere stato individuato dal sistema sanitario nazionale. Secondo la ricerca, è possibile ipotizzare che 420.000 persone siano entrate in contatto col virus, contro le 16.000 dei dati ufficiali al 25 settembre 2020. Vale a dire, ha osservato chi ha condotto lo studio, che i numeri reali 25 volte più alti di quelli ufficiali. E così «Bergamo si profila come una delle aree più colpite al mondo con una sieroprevalenza che supera di gran lunga le stime di New York (19.9%), Londra (17.5%) e Madrid (11.3%)».