Tra l’incognita Covid e l’incubo recessione.

I contagi aumentano ed è necessario contenerli. Chiusure, limitazioni, coprifuoco locali, linee comuni. Ma le attività “non essenziali” generano ricchezza e occupano centinaia di migliaia di persone. Il problema è riuscire a conciliare salute e lavoro

L’Italia non può permettersi una nuova crisi sanitaria con la seconda ondata di Covid-19, con gli ospedali in affanno, le terapie intensive sovraffollate, l’impennata di contagi e vittime. Nello stesso tempo, il Paese non è neanche in grado di sopportare un altro tracollo economico determinato da nuove chiusure delle attività produttive. Che fare? Trovare una soluzione equilibrata non è semplice. Intanto, a causa dell’aumento dei contagi, in Lombardia stanno per scattare delle misure restrittive ulteriori rispetto a quelle nazionali: da domani ci sarà, infatti, il coprifuoco dalle 23 alle 5 e in questo lasso di tempo saranno permessi esclusivamente gli spostamenti motivati da esigenze lavorative o situazioni di necessità o d’urgenza, con tanto di autodichiarazione. Questo il dettato dell’ordinanza del governatore Fontana. Il sindaco di Milano, Sala, spiega le ragioni dell’allarme: «la situazione è oggettivamente grave». La stretta preoccupa soprattutto le categorie maggiormente penalizzate, commercio, sport, intrattenimento, ristorazione, le cui attività, già limitate con l’ultimo Dpcm, saranno ora sottoposte a ulteriori restrizioni d’orario. La questione non riguarda solo la Lombardia: fra le regioni a rischio anche il Lazio, la Liguria e soprattutto la Campania, dove è stato disposto il blocco degli spostamenti fra province e le scuole sono ancora chiuse. La situazione si sta facendo via via più complicata e per tentare di coordinare le azioni di contenimento volte a ridurre i contagi, dopo l’ultimo Dpcm che incaricava i sindaci di chiudere, se del caso, le strade e le piazze della movida, il governo starebbe stilando un protocollo con regole generali comuni di livello nazionale da seguire per varare norme restrittive locali. Il problema principale resta quello di riuscire a conciliare due esigenze essenziali: la tutela della salute e la tutela del lavoro. Per farlo sarebbero necessari ristori adeguati a tutte le categorie economiche e produttive costrette a chiudere o ridurre le proprie attività e anche piani lungimiranti finalizzati alla ripresa, per consentire alle aziende italiane piccole e grandi, superata la fase critica della pandemia, di tornare pienamente competitive.