Lo sostiene uno studio coordinato dall’Oms e condotto in 405 ospedali in 30 Paesi. Insieme al desametasone, il remdesivir è tra i farmaci approvati dall’Ema nella cura del Covid-19

Uno studio internazionale realizzato su larga scala sostiene che l’utilizzo del remdesivir, un farmaco antivirale impiegato nella cura dell’ebola durante le epidemie in Africa occidentale tra il 2013 e il 2016, non riduce il tasso di mortalità tra i pazienti risultati positivi al coronavirus. «Il remdesivir, l’idrossiclorochina, la combinazione lopinavir/ritonavir e i regimi a base di interferone sembrano avere un piccolo o inesistente effetto sulla mortalità a 28 giorni o sul decorso ospedaliero del Covid-19 tra i pazienti ricoverati», ha commentato l’Organizzazione mondiale della Sanità. Realizzato nell’ambito di “Solidarity”, una serie di test coordinati dall’Oms, lo studio è stato condotto in 405 ospedali in 30 Paesi coinvolgendo 11.266 adulti, di cui 2.750 hanno ricevuto il remdesivir, mentre 4.088 hanno avuto il placebo. I risultati dell’analisi, che dovranno essere revisionati per poi essere pubblicati su una rivista scientifica, sono molto importanti: insieme al desametasone, il remdesivir è tra i farmaci approvati dall’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, nella cura dei pazienti che hanno sviluppato gravi forme di coronavirus. Il via libera, arrivato a giugno, era stato deciso sulla base dei risultati di uno studio realizzato dal Nih – il National Institutes of Health, un’agenzia del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti –, secondo cui, nei pazienti gravi il ricovero medio veniva ridotto da 15 a 11 giorni.