Impossibile resistere, per almeno due ragioni, al richiamo dell’ultima enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”. La prima, e più ovvia, dipende dal mio “mestiere” che è quello di sindacalista. Quando Papa Bergoglio scrive che «il grande tema è il lavoro», che «il vero obiettivo dovrebbe essere consentire loro (ai poveri ndr) una vita degna mediante il lavoro» mi sento chiamato in causa direttamente, perché è esattamente ciò che più mi preoccupa, sempre di più nel sistema economico e sociale italiano ulteriormente flagellato dal Covid-19. L’altra nasce non solo o non soltanto dalle tante, pressanti sollecitazioni con il quale il Santo Padre tenta di cambiare, come è normale che sia dal suo pulpito, la nostra visione su alcuni temi fondamentali, ma soprattutto da come le stesse sollecitazioni siano state tradotte, metabolizzate da giornalisti, politologi, politici e “addetti ai lavori”, visto che il Capitolo Quinto è dedicato a «La migliore politica». Qualcuno ha parlato di “terza via”, qualcun altro ha risposto di essere «pronto», quasi si trattasse di una chiamata alle armi, intesa in senso politico. Perché l’enciclica sociale, utilizzata dai Pontefici per rivolgersi a tutti, non solo ai cattolici-cristiani, è stata letta e riportata sic et simpliciter come una condanna ai nazionalismi, al populismo, al sovranismo. Come spesso è accaduto, si commette l’errore di politicizzare, di collocare nell’emiciclo parlamentare, un lungo e articolato appello rivolto a tutto il mondo, non solo all’Italia, e a tutte le coscienze. Si commette l’errore di tirare per la giacchetta una carica, prima ancora che un uomo, che non è per una sola stagione né per tutte. Il Papa scrive da Papa e se proprio con “Fratelli Tutti” avesse voluto lanciare una condanna, non lo ha fatto in una sola direzione. Certamente verso chi innalza muri. Che però non sono soltanto fisici, ma anche ideologici, «riappare la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri, muri nel cuore…». Il Papa si scaglia, se è questo il verbo giusto, anche contro il «politicamente corretto» visto come «una maniera elegante di guardare dall’altra parte che si pratica abitualmente», «si guarda alla persona che soffre senza toccarla, la si mostra in diretta… ». Mi verrebbe da obiettare che il muro a volte chiude, è vero, ma a volte protegge e che è stata proprio la doverosa caduta di un muro, doverosa nei confronti del popolo tedesco e contro il comunismo, a far dilagare quel liberismo criticato dallo stesso Bergoglio, «il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere in questo dogma di fede neo liberale».

Mi fermo qui, non voglio cadere anche io nello stesso errore, non voglio tirare per la giacchetta il Papa. Voglio riflettere, voglio metabolizzare le cento pagine e solamente dopo, se necessario, criticarle nel merito. E Lo faremo con il prossimo numero de La Meta Sabato, interamente dedicato a “Fratelli Tutti”.