di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Probabilmente la risposta a questa domanda è nel mezzo. Certamente, con l’auspicabile ritorno alla normalità, trovata una cura o un vaccino in grado di ridimensionare drasticamente l’impatto del Covid sulle nostre vite, si tornerà a forme di socialità più tradizionali, spariranno le disposizioni sul distanziamento e lavorare fuori casa non richiederà più precauzioni particolari per lavoratori e datori di lavoro. È anche vero, tuttavia, che la sperimentazione di massa dello smart working ha fatto capire alle aziende italiane, comprese quelle più restie ai cambiamenti, i vantaggi, economici e organizzativi, di questa modalità lavorativa. Molte imprese non vorranno tornare indietro, almeno non del tutto. Eppure, se non ci saranno novità dell’ultim’ora, lo “stato di emergenza”, che ha consentito fra l’altro l’attuazione di procedure semplificate per usufruire del lavoro agile, terminerà a breve: il prossimo 15 ottobre. Cosa accadrà dopo questa data (o dopo la presumibile posticipazione della scadenza, che già in molti prevedono coinciderà con la fine dell’anno in corso)? Bisognerà trovare delle soluzioni in grado di disciplinare meglio il lavoro agile, ora che non si tratta più di un fenomeno residuale, ma di una modalità lavorativa che coinvolge milioni di persone. Certo, lo smart working riguarda solo chi opera in attività del terziario, chi si occupa di lavori “d’ufficio” di vario tipo, ma che comunque hanno in comune la caratteristica di poter essere svolti anche da remoto. Non si tratta, però, di poca cosa: la platea potenziale di lavoratori agili, anche una volta superata l’emergenza Covid, è stimata in circa 7 milioni di persone. Molto probabilmente, data la necessità di bilanciare lavoro in sede e da remoto, la soluzione che prenderà maggiormente piede in futuro sarà quella del co-working o la rotazione all’interno degli uffici. Bisognerà affrontare al meglio questa novità, impostando quadri di riferimento più esaustivi in merito a questioni importanti per lavoratori e aziende, ovvero orari, reperibilità, straordinari, dotazioni di materiali e supporti tecnici. Sarà importante anche tutelare le relazioni all’interno dei luoghi di lavoro, fondamentali non solo per la crescita professionale dei lavoratori, ma anche per mantenere vivo il legame di solidarietà e per salvaguardare diritti e attività sindacali. La faccenda, inoltre, non riguarda solo le persone direttamente coinvolte, ma l’intera società. L’adesione di massa al lavoro agile, dalla quale in tutto o in parte non si tornerà indietro, ha determinato ripercussioni anche per l’indotto: dai trasporti ai servizi, si pensi alla filiera della ristorazione nei centri cittadini, improntata sulla presenza dei lavoratori in pausa pranzo. Persino il mercato immobiliare ne sta risentendo: da un lato alle aziende servono uffici più piccoli, dall’altro molti lavoratori agili preferiscono, potendo operare da casa, cambiare la propria residenza, abbandonando le città più costose e spostandosi verso aree più economiche e tranquille, oppure tornando nei luoghi d’origine. Servirà una riflessione approfondita e lungimirante per affrontare tutte le complesse conseguenze di questa “rivoluzione”, al fine di arginarne gli effetti negativi ed ampliarne, invece, quelli positivi.