di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il governo sta preparando delle nuove misure in materia previdenziale e in questo ambito sta incontrando le organizzazioni sindacali, fra cui la nostra Confederazione. L’obiettivo dell’esecutivo sembrerebbe essere l’archiviazione di Quota 100, al momento della scadenza – che avverrà il 1° gennaio del 2022 – di questo provvedimento varato dall’allora governo “gialloverde”. Noi dell’Ugl, invece, consideriamo in maniera positiva il pacchetto costituito da Quota 100, Opzione donna e Ape sociale e ci auguriamo che la generale riforma del sistema previdenziale resti improntata su un superamento della legge Fornero, che a suo tempo rappresentò un colpo ferale non solo nei confronti dei diritti dei lavoratori, ma anche del sistema produttivo ed occupazionale italiano, impedendo il necessario turn over generazionale. Non solo. Al governo abbiamo anche chiesto e continuiamo a chiedere l’introduzione di “quota 41”, l’estensione del contratto di espansione alle medie imprese, le isopensioni e soprattutto la rivalutazione delle pensioni in essere. La materia previdenziale è importantissima per il nostro sistema economico sociale e le decisioni che saranno prese non dipenderanno solo da questioni di bilancio, come spesso si sottintende, ma innanzitutto da ragioni di carattere ideologico. L’Italia deve scegliere come impostare il proprio futuro e che tipo di contesto lavorativo e pensionistico intende realizzare, specie per le nuove generazioni. Alla base della visione di fondo da cui era scaturita qualche anno fa la riforma Fornero c’era un progetto per il Paese di natura ultra-liberista, fondato sulle politiche antisociali di Bruxelles: tutti ricordiamo il famigerato motto “ce lo chiede l’Europa”. Un progetto che prevedeva da un lato di mantenere sul posto di lavoro ad oltranza, con l’agganciamento alla prospettiva di vita, le persone più in là con gli anni, nonostante le evidenti difficoltà causate dal naturale e irreversibile processo di invecchiamento, e dall’altro lato impediva a moltissimi giovani di entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro, lasciandoli relegati nell’inoccupazione e nel precariato, con gravi danni per loro stessi e per le loro possibilità di realizzazione lavorativa, economica e personale, per le imprese, impossibilitate a rinnovare il proprio organico, per lo stesso sistema previdenziale, privato di nuove risorse contributive proprio a causa dell’immobilità e del blocco del turn over. A giustificare questa situazione i fautori della “fornerizzazione” del sistema pensionistico ponevano i vincoli di bilancio, tuttavia, a lungo andare questa visione, mettendo ai margini del mondo del lavoro i giovani e paralizzando le imprese, si sarebbe inevitabilmente rivelata insostenibile non solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello economico. Quota 100 ha dimostrato con i fatti che un altro sistema è possibile e fattibile. Ci auguriamo, quindi, che non si torni indietro e che si riesca a trovare una soluzione soddisfacente verso una riforma che sia in grado di garantire i diritti spettanti ai pensionati, che consenta ai lavoratori anziani di andare in pensione ad un’età ragionevole, che, liberando posti, permetta ai giovani di accedere al mondo del lavoro. In sintesi che ci sia un progetto di crescita capace di scommettere sul futuro e non un arroccamento nel presente, che a lungo andare non porterebbe ad altro che decrescita e sempre più accentuate disparità sociali.