Problemi in termini di rappresentanza politica soprattutto per il Sud

Dunque l’Italia avrà dalla prossima legislatura 345 parlamentari in meno. Ora non resta che procedere con la legge elettorale, la partita vera che adesso si deve giocare, visto oltretutto che, senza di essa, non sarà più possibile sciogliere le Camere. Ma il taglio potrebbe rivelarsi una beffa, oltre che un danno, soprattutto per il Sud, andato a votare in massa per il “Sì”, il Molise con l’80% dei voti, subito dopo Calabria, Sicilia, Basilicata, Campania, Puglia, Abruzzo; percentuali altissime nelle provincie di Crotone (81,94%), Agrigento (80,69%), Foggia (80,11%) e Campobasso (80,62%).

La partita vera non è ridurre le teste, spese e privilegi in Parlamento, la partita vera è la rappresentanza politica e la legge elettorale, la ridefinizione dei collegi, i nuovi regolamenti parlamentari e le nuove regole per il funzionamento delle Commissioni. Al di là del fatto che secondo eminenti costituzionalisti e “esperti di taglio”, come il più volte ex consulente di Governi di centro sinistra Carlo Cottarelli, invece di velocizzare il Parlamento e quindi le riforme, la diminuzione dei parlamentari (da 945 a 600) potrebbe rallentare il meccanismo già farraginoso, il punto è la rappresentanza e in particolare quella dei territori, che oggi, paradossalmente, chiedono sempre più autonomia. Il vero problema sta però nel Mezzogiorno, facendone le spese più alte in termini di seggi, soprattutto al Senato. Per una serie di fattori: la minore natalità che conta ai fini del riparto dei seggi, le migrazioni interne che la svuotano di cittadini, la scarsa presenza degli stranieri, che conta non per il voto ma ai fini dell’assegnazione dei deputati e senatori a ciascun territorio. Si nasce di più al Nord, si torna ad emigrare di nuovo al Nord e anche gli stranieri tendono a insediarsi nelle aree più ricche, di conseguenze il Centro-Nord rispetto al Sud avrà più rappresentanti. Se del taglio non si accorgeranno Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, ma anche Molise, le regioni più colpite sarebbero Basilicata, Umbria e Abruzzo. Secondo alcuni calcoli, la riduzione di rappresentanza per il Mezzogiorno sarebbe pari a 203 su 600 parlamentari, mentre oggi è di 322 parlamentari su 945. Quanto alla legge elettorale, legge di sopravvivenza soprattutto per alcuni partiti, la strada si dimostra già in salita. Visto che preoccupa molti a sinistra, oggi intenti a sbandierare una presunta vittoria, e che  non godrà della stessa maggioranza diversificata di cui ha goduto il prodromico “Sì” alla riforma costituzionale. Basti pensare al prof. Roberto D’Alimonte, favorevole al sì, che di fronte all’esito del referendum dichiara: «Sono preoccupato per il rischio di una legge elettorale sbagliata. Quella annunciata dal M5s, che Di Maio chiama impropriamente “un proporzionale germanico”, è un ritorno al passato italiano».