Appena il 22% delle immissioni in ruolo è andato a buon fine; manca il sostegno

La scuola continua a navigare a vista, con ancora migliaia di cattedre drammaticamente vuote. Secondo alcune stime, sarebbero infatti non meno di 65mila i professori mancanti, soprattutto nelle scuole superiori, dove, anche per effetto del distanziamento, si stanno sperimentando soluzioni su soluzioni, quasi tutte penalizzanti per lo studente che rischia di trovarsi alla fine dell’anno con larga parte del programma non svolto. I sindacati, come noto, sono allarmati per quello che sta succedendo, tanto che già questa settimana è prevista una mobilitazione, con scioperi e manifestazioni proclamati da diverse sigle di categoria. Da molti uffici regionali e dagli stessi dirigenti scolastici arriva la conferma che pure dalla procedura di chiamata diretta non stanno pervenendo i risultati attesi, tanto che, in media, le immissioni in ruolo andate a buon fine sarebbero circa il 22% del totale. Fra le motivazioni principali di questa che appare una debacle senza precedenti recenti, l’obbligo di permanenza nello stesso istituto per cinque anni, una norma pensata per assicurare la stabilità dell’insegnamento, ma che, evidentemente, non tiene conto dei tanti fattori che incidono sulla materia. È noto, ad esempio, che gli stipendi degli insegnanti sono di molto inferiori alla media dei principali partner europei ed è pure noto che molti accettano incarichi lontano da casa per poter insegnare, con costi di permanenza, però, molto alti.