di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Siamo alle soglie della prima tornata elettorale post-Covid19. Domenica e lunedì, infatti, si svolgerà il referendum sul taglio dei parlamentari e si rinnoveranno molte amministrazioni locali e sette consigli regionali, ovvero Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Veneto e Val d’Aosta; ci sarà, poi, l’elezione suppletiva di alcuni senatori. Se, naturalmente, tutte le elezioni sono importanti, questo sarà un appuntamento particolarmente significativo per la nostra democrazia. Attraverso la scelta dei nuovi rappresentanti comunali e regionali, i cittadini, infatti, non daranno solo un giudizio, positivo in caso di conferma e negativo nel caso contrario, sull’operato delle amministrazioni locali, ma esprimeranno anche una valutazione sulle forze politiche nazionali, sulle proposte fatte e sulle misure prese, anche in riferimento alla gestione della pandemia da parte del governo. Dopo essere rimasti per mesi “a casa”, nonostante le limitazioni ancora presenti dovute alle norme di distanziamento sociale per evitare i contagi, finalmente gli italiani potranno esprimersi pubblicamente per far conoscere le proprie opinioni – e non quelle dell’apparato mediatico imperante – e decidere del proprio futuro, nelle zone del Paese in cui si rinnoveranno le cariche amministrative ed attraverso il loro voto per il sì o per il no al referendum. Nel caso delle amministrative stiamo assistendo a un fatto singolare: nella gran parte dei casi le due principali forze di governo, M5S e Pd, si presenteranno divise, non essendo riuscite a trovare una formula unitaria. E non per la scelta dei pentastellati di correre da soli, tabù superato, ormai, come la gran parte di quelle che una volta erano le peculiarità grilline, ma data la presenza di principi diversi e inconciliabili non tanto fra i partiti, quanto fra i loro elettori. Con l’idea di mostrarsi “diversi” al primo turno per ottenere più consensi possibili, nella speranza che poi agli eventuali ballottaggi i voti si sommino contro il “nemico comune”. Più lineare la strategia del Centrodestra, unito nella consueta formazione Lega, FdI e FI in tutte le regioni. Staremo a vedere quali saranno le decisioni degli italiani e se si confermeranno i sondaggi che prevedono un po’ ovunque un arretramento delle sinistre. Per quanto riguarda il referendum, il nostro sindacato è convintamente schierato in favore del No. L’Italia non ha affatto bisogno di una riduzione degli spazi di rappresentanza politica e deve invece poter pienamente contare sul ruolo fondamentale del Parlamento: si è visto in questi mesi di decisioni, spesso sbagliate, prese da task force e Dpcm. Il risparmio che deriverebbe dal taglio, 230 deputati e 115 senatori in meno, si rivelerebbe il classico caso di “gioco che non vale la candela”: ben poca cosa rispetto al bilancio dello Stato e ancora minori possibilità di controllo sulle azioni del governo e su spese ben più consistenti, queste sì, inutili. Si pensi solo, ad esempio, ai miliardi per i banchi a rotelle.