La contrattazione di secondo livello incentivata stenta a decollare

Per una azienda che firma, ne esistono centinaia di migliaia che non hanno la minima idea di cosa sia la contrattazione integrativa sui premi di produttività, con buona pace per i propri dipendenti. È di queste ore la notizia che la Ferrero, una delle poche aziende nazionali presenti in tutto il mondo, ha sottoscritto con la rappresentanza sindacale l’accordo di produttività, legato appunto alle performance di ogni singolo stabilimento. A conti fatti, i dipendenti più fortunati arriveranno a sfiorare i 2.200 euro lordi, sui quali si applicherà l’aliquota di vantaggio del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali. Un premio importante, quindi, che, però, rimane sconosciuto ai più. Continuano infatti ad essere pochissimi i contratti aziendali o territoriali sottoscritti dalle singole aziende con le rispettive rappresentanze sindacali, nonostante si tratti di uno strumento ormai consolidato da tempo. La disciplina di legge si fa risalire all’allora ministro Sacconi e alle successive modifiche introdotte da Monti. Al momento, la quasi totalità dei contratti di secondo livello si concentra nelle regioni settentrionali, in Lombardia in particolare, la quale da sola surclassa tutte le restanti regioni del centro-sud. Il successo di queste iniziative dipende, però, anche dal governo e dalle risorse che ci mette sopra, oggi spesso insufficienti ad assicurare la massima copertura possibile.