Il solo requisito dell’età non è sufficiente, però rimane come paletto

Con una circolare congiunta, i ministri del lavoro, Nunzia Catalfo, e della salute, Roberto Speranza, per il tramite delle loro direzioni, ritornano sulla questione delle indicazioni operative per il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro, con specifico riferimento alla questione dei lavoratori e delle lavoratrici fragili. Al netto del fatto che tale circolare è indirizzata a tutta una serie di soggetti istituzionali e a Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, Confapi, ma non ai sindacati, l’indicazione che emerge è quella che il solo requisito anagrafico non è sufficiente a connotare la fragilità della persona, principalmente in un contesto di ripresa dei contagi. Conseguentemente, sarà necessaria una certificazione attestante il complessivo stato di salute, così da avere una valutazione chiara e completa dei rischi che può correre la persona. Una presa di posizione che non convince e che introduce un paletto che potrebbe avere effetti devastanti. Si dibatte, da tempo, sulla questione dell’invecchiamento attivo, con Confindustria che insiste sul dato anagrafico, appunto i 55 anni, e Cgil, Cisl, Uil e Ugl che sostengono che l’invecchiamento attivo è piuttosto un percorso di accompagnamento del lavoratore e della lavoratrice che dovrebbe iniziare già intorno ai quaranta anni, così da contrastare l’inevitabile decadimento fisico con l’avanzamento dell’età.