Il bonus vacanza si è rivelato un fallimento: pochissime le richieste fatte

La cosa peggiore che potrebbe capitare è, alla fine della giostra, ai piani alti del governo si possa cominciare a pensare che la stagione turistica sia andata nel complesso bene – al netto, chiaramente, del preoccupante aumento dei contagi, con le discoteche a fare da veicolo di diffusione -, per cui il settore potrebbe non avere più bisogno di un particolare sostegno. La realtà dei fatti è ben diversa, purtroppo. Larga parte dei 500mila contratti di lavoro a tempo determinato in meno, infatti, fa capo proprio al settore del turismo che, se ha, in qualche modo, tenuto nelle località balneari e montane, di certo è andato fortemente in sofferenza nelle città d’arte. Una crisi che è iniziata da subito, con l’annullamento delle gite scolastiche e con i mancati arrivi da parte dei turisti stranieri. Il decreto Agosto, per venire incontro al personale, compreso quello impiegato nelle terme, ha previsto dei bonus monetari, mentre sul versante imprenditoriale si parla di ulteriore rinvio delle scadenze fiscali e di contributo – minimo – a fondo perduto oltre ad un incentivo per la filiera della ristorazione. Il vero fallimento, però, è da ricercare nel bonus vacanza: a fronte di uno stanziamento di 2,4 miliardi, le richieste ammontano ad appena 600 milioni di euro, un fallimento sostanziale dovuto alle regole molto stringenti nella definizione della platea delle strutture ricettive autorizzate a fornire i servizi al cliente.