In caso di vittoria del sì al Referendum, l’accordo fra Pd e M5s prevede di riscrivere la legge elettorale, le politiche sarebbero così rinviate a data da destinarsi, blindando Camere e Governo

L’ha detto lo stesso leader del Pd, Nicola Zingaretti: “Per votare Sì e far nascere il governo abbiamo chiesto modifiche circa i regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale”. Del resto recentemente hanno confermato questa linea anche diversi esponenti pentastellati, a partire dall’ex capo politico e attuale ministro degli Esteri, Luigi di Maio, affermando che il taglio dei parlamentari sarebbe solo il primo passo di un – lungo – percorso. Insomma, se è vero che la vittoria del Sì al Referendum imporrebbe una drastica riduzione del numero degli eletti alle Camere, che forse diventerebbero troppo pochi, compromettendo la rappresentatività dell’Emiciclo, è altrettanto vero che gli italiani, prima di poter vedere concretamente all’opera il Parlamento a ranghi ridotti dovrebbero necessariamente aspettare – almeno – fino alla scadenza dell’attuale legislatura, ovvero fino al 2023, per potersi di nuovo pronunciare con nuove elezioni politiche, troppo tardi considerando le profonde trasformazioni politiche avvenute dopo le votazioni del 2018 e le conseguenti discrepanze fra consensi reali e seggi parlamentari. Il dover prima riformulare una nuova legge elettorale metterebbe, infatti, in naftalina possibili crisi di governo, anche in caso di schiaccianti vittorie del Centrodestra alle prossime amministrative. Non solo, quindi, questioni di principio legate al taglio dei costi della politica, ma anche più concrete strategie di sopravvivenza alla base delle scelte da compiere nel segreto delle urne il prossimo 20 e 21 settembre per i partiti di governo. Il Pd, dopo aver votato sempre no al taglio ed aver cambiato idea solo con la nascita del governo giallorosso, sarebbe, comunque intenzionato a lasciare ai propri elettori “libertà di coscienza” al Referendum.

Come sarebbe il nuovo Parlamento in caso di vittoria del Sì al Referendum del 20 e 21 settembre

I seggi si ridurrebbero da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato, per un totale di 600 onorevoli, con una proporzione fra eletti e popolazione che passerebbe dall’attuale di uno ogni 96mila abitanti, nella media europea, ad uno ogni 151mila, tra le più basse dell’Ue.