Ancora nessun accordo per candidati comuni di Pd e M5s per le prossime regionali, nonostante Conte e Rousseau, così i partiti di governo pensano di proporsi divisi agli elettori, per non perdere la faccia e i voti

Il termine per la presentazione delle liste per le elezioni regionali ed amministrative del prossimo 20 e 21 settembre scade a breve, meno di 48 ore. E a quanto pare né l’appello del Premier Conte per liste comuni fra gli alleati di governo e nemmeno il voto su Rousseau avrebbero sortito l’effetto sperato: gli esponenti territoriali dei pentastellati non vogliono un’unione stabile col Pd. Troppo difficile da spiegare agli elettori, specie a livello locale, dove le posizioni sono sempre state profondamente divergenti. Così i rappresentanti regionali del M5S non vogliono sottostare ai diktat romani, per non perdere la faccia e soprattutto i voti dei propri sostenitori. L’unica possibilità per non cedere le regioni al Centrodestra, invece unito e compatto, resta quella, quindi, del voto disgiunto. Insomma, programmi e candidati diversi, con l’unico collante del nemico comune. Ipotesi “inaccettabile e offensiva” per molti grillini, a partire dall’ex ministro Toninelli, ora responsabile delle campagne elettorali M5s. I sondaggi, nel frattempo, sembrano dare per certa la riconferma di Zaia in Veneto e per probabile quella di Toti in Liguria, come quella di De Luca in Campania. Più incerta la Toscana, l’altra roccaforte “rossa” assieme all’Emilia Romagna: qui ci sarebbe un testa a testa con leggero vantaggio di Giani del Pd su Susanna Ceccardi della Lega. Il vero nodo del contendere restano Puglia e Marche, le regioni “in bilico” che potrebbero decidere chi avrà vinto o perso la competizione elettorale, con effetti anche sulla politica nazionale e sulla tenuta dell’Esecutivo. In entrambe le regioni l’accordo – finora – non è arrivato e le liste saranno diverse.

E già si inizia a ipotizzare un ulteriore rinvio delle elezioni a causa del Covid-19

Gli unici a parlare esplicitamente di uno spostamento della data del voto – e dell’apertura delle scuole – sono stati i tecnici, con le dichiarazioni recenti di Ricciardi. Per l’opposizione un altro rinvio sarebbe un vero e proprio attacco alla democrazia.